“La responsabilità degli enti è uno strumento più utile di quanto non possano essere aumenti di uno o due anni delle pene edittali. E, sul piano logico, è incomprensibile come tale approccio sanzionatorio, che riguarda specificamente la criminalità del profitto, sia stato tenuto fino ad oggi fuori dal settore tributario“. Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma e protagonista di alcune delle più importanti e recenti inchieste della Procura della Capitale (da Consip a Mondo di Mezzo), intervistato dal Sole 24 Ore promuove la decisione di inserire nel decreto fiscale un ampliamento della responsabilità amministrativa delle imprese per i reati tributari dei dipendenti. “Si tratta di un salto di qualità che conferisce al contrasto all’evasione, quando essa si concretizzi in reati, strumenti moderni e assai più efficienti di quelli fino ad oggi utilizzati“.

Il pm già dal 2007, da componente della Commissione Greco sulla riforma del decreto 231 che disciplina la responsabilità amministrativa da reato, aveva chiesto un intervento di questo tipo. Che ora entrerà in vigore, con il risultato che se i colletti bianchi si rendono responsabili di dichiarazione fraudolenta o altri reati come emissione di fatture false e sottrazione al pagamento di imposte, la società che ne trae beneficio potrà essere chiamata in causa e sarà passibile del sequestro di quote, sanzioni fino a 1 milione di euro e in alcuni casi divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, esclusione da finanziamenti pubblici e revoca dei contributi già ricevuti.

“Sinceramente no”, risponde Ielo alla domanda se ci sia un rischio di criminalizzazione dell’intero mondo produttivo” come lamentato da Confindustria. “Ribadisco che trovo inutili aumenti delle pene edittali”, aggiunge, “ma occorre ricordare che in questo paese i detenuti per reati di white collar crime sono un numero molto basso, anche per il fatto che su di essi ad oggi si è fatto molto sentire l’effetto delladisciplina vigente della prescrizione“, che il Movimento 5 Stelle punta ora a riformare.

“Il profilo interessante del sistema 231”, nota Ielo, “è che gli enti, se ambiscono a proteggersi da questo tipo di responsabilità, devono adottare una struttura organizzativa tale da evitare la commissione di tale tipologia di reati, attraverso i classici strumenti di analisi e di gestione del rischio. Si è, cioè, in presenza di un sistema repressivo che, quando intervengono reati, ti sanziona se tu non hai messo in campo tutte le risorse organizzative utili a evitarli. Si tratta di un salto di qualità che conferisce al contrasto all’evasione, quando essa si concretizzi in reati, strumenti moderni e assai più efficienti di quelli fino ad oggi utilizzati.

È evidente che se entrerà in vigore la disciplina di 231 anche per i reati tributari occorrerà provvedere a una modifica dei modelli organizzativi, adattarli in funzione della prevenzione del rischio di tale tipologia di reati. Aggiungo che, storicamente, si è sempre osservata una stretta correlazione tra i reati tributari a base fraudolenta e la creazione di provviste finanziarie necessarie al pagamento di tangenti“.

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