11 ottobre 2018: c’è un carabiniere che parla – C’è un uomo che per la prima volta parla della morte di Cucchi ed è un uomo presente in caserma la notte del 15 ottobre. Lo racconta il pm Musarò rivelando che si tratta dell’imputato Francesco Tedesco: il militare racconta di un pestaggio subito da Cucchi da parte dei colleghi Di Berardo e D’Alessandro. Il giovane aveva avuto un battibecco con i militari al momento dell’arresto: una lite verbale che diventò fisica in caserma.

Il racconto del pestaggio – Per raccontare la sua versione Tedesco disegna anche una pianta della caserma Appio-Claudio: il pestaggio avviene nella stanza di fotosegnalamento. Inizia tutto perché Cucchi rifiutava di farsi prendere le impronte. “Di Bernardo – ripercorre Tedesco – si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Allora D’Alessandro diede un forte calcio a Cucchi con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete”. I suoi colleghi però continuarono. “Cucchi prima iniziò a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro, poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo, in senso contrario, che gli fece perdere l’equilibrio provocando una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di aver sentito il rumore“. Cosa fece in quel momento Tedesco? “Spinsi Di Bernardo ma D’Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra”.

Pestaggio e depistaggio – Tedesco, però, non racconta solo del pestaggio di Cucchi. Spiega di non aver parlato fino ad oggi perché minacciato dai colleghi. “Iniziai ad avere paura anche per un’altra ragione e cioé perché quando ero in ferie fui contattato da D’Alessandro e Di Bernardo i quali mi dissero che avrei dovuto farmi i cazzi miei”. “Il D’Alessandro, inoltre, mi aveva detto di aver cancellato quanto lui aveva scritto sul registro del fotosegnalamento”, mette a verbale. Tedesco ha anche parlato del suo rapporto con il maresciallo Roberto Mandolini (a processo per calunnia) allora comandante della stazione Appia dove fu portato Cucchi che, secondo quanto sostiene il testimone, sapeva di ciò che era accaduto. “Quando dovevo essere sentito dal pm, il maresciallo Mandolini non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno”, dice Tedesco. “Mentre ci recavamo a piazzale Clodio – continua – io avevo capito che non potevo dire la verità e gli chiesi cosa avrei dovuto dire al pm anche perché era la prima volta che venivo sentito personalmente da un pm e lui rispose: ‘Tu gli devi dire che stava bene, gli devi dire quello che è successo, che stava bene e che non è successo niente…capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare”. La procura comincia a indagare sui depistaggi delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi.

8 aprile 2019 – Il teste Tedesco in aula – Il carabiniere Tedesco ripercorre il suo racconto in aula davanti ai giudici dopo aver chiesto scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati nel primo processo: “Per me questi 9 anni di silenzio sono stati un muro insormontabile”. E sottolinea: “Ho capito che il muro cominciava a sgretolarsi quando Casamassima (Riccardo, uno dei militari che ha fatto riaprire l’inchiesta) ha cominciato a parlare e non mi sono sentito più solo come prima”.

8 aprile 2019: Nistri: “Arma sia parte civile” – Il comandante generale dell’Arma dei carabinieri, Giovanni Nistri, in una lettera indirizzata alla famiglia Cucchi l’11 marzo e pubblicata poi da La Repubblica, ipotizza di chiedere alla Presidenza del Consiglio l’autorizzazione a costituire l’Arma parte civile nel processo per depistaggio ai suoi militari qualora nella richiesta di rinvio a giudizio appariranno evidenti le circostanze che la vedono parte lesa.

6 maggio 2019 – Pg: “Reato dei medici prescritto” – Il procuratore generale di Roma chiede alla Corte d’Assise d’Appello la non procedibilità per prescrizione del reato per i cinque medici: “Questo processo dovrà concludersi con una declaratoria di prescrizione del reato, ma è una sconfitta della giustizia“. Si tratta del terzo processo di secondo grado.

21 maggio 2019: Arma chiede di essere parte civile – L’Arma dei carabinieri, il ministero della Difesa, quello dell’Interno e la presidenza del consiglio, presentano un’istanza per costituirsi parte civile al processo per il depistaggio.

14 giugno 2019: “Senza frattura non sarebbe morto” – “Nessuno può avere certezze sulle cause della morte di Stefano Cucchi“. Ma, “se non ci fosse stata la frattura della vertebra probabilmente non ci sarebbe stato il decesso”. È la tesi dei periti del gip che sono stati convocati in Aula per illustrare gli esiti del loro accertamento nel processo bis per la morte del geometra romano che vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali per omicidio preterintenzionale.

Articolo Precedente

Corruzione, il procuratore di Milano Francesco Greco: “Aziende investono più in tangenti che innovazione”

next
Articolo Successivo

Strage di Bologna, i periti: “Resti che non appartengono alla Fresu possono essere di vittime note. Interrutore trovato non c’entra”

next