Niente più sperimentazioni su cani, gatti o porcellini d’India, gli Stati Uniti dovranno usare altri metodi per testare nuovi prodotti chimici e pesticidi. Lo ha annunciato l’Epa, l’agenzia per la tutela dell’ambiente statunitense, che ha già tracciato la via: ridurre del 30% le sperimentazioni sui mammiferi per il 2025, eliminarle completamente entro il 2035 e finanziare lo sviluppo di metodi di testing alternativi. L’Epa investirà 4,25 milioni di dollari sulle “New Approach Methods”, le nuove tecniche di simulazione al computer con intelligenza artificiale o colture cellulari per valutare la sicurezza delle sostanze chimiche senza testarle prima sugli animali. “Possiamo certificare i prodotti proteggendo la salute umana e dell’ambiente e usando scienza all’avanguardia ed eticamente corretta”, ha dichiarato l’Agenzia americana. Negli Usa la notizia ha rafforzato la polarizzazione tra animalisti e scienziati. All’entusiasmo per “una vittoria decisiva per i contribuenti, gli animali e l’ambiente” poiché i test “sono inaffidabili e fuorvianti”, risponde infatti l’ombra della paura di prodotti potenzialmente pericolosi immessi nell’ambiente e negli articoli di consumo.

I dubbi dei ricercatori – La decisione ha suscitato riflessioni anche nel nostro Paese. In Italia dal 1° giugno 2007 è in vigore il Reach, un regolamento europeo adottato per migliorare la protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente dai rischi delle sostanze chimiche e che promuove allo stesso tempo sia metodi alternativi per la valutazione dei pericoli legati alle sostanze sia la riduzione del numero di test sugli animali. Giuliano Grignaschi, segretario generale di Research4Life, ci va cauto. Dietro al “si può fare” americano teme lo spauracchio di una promessa-proclama: “Dire che tra 20 anni faremo grandi cose sono capaci tutti, bisogna vedere quanto si realizzerà nella realtà”. Research4Life è un agglomerato di diverse realtà attive nella ricerca biomedica in Italia, e con le parole di Grignaschi rimarca l’impossibilità, ad oggi, di sospendere del tutto le sperimentazioni: “Credo sia una promessa difficile da mantenere perché i metodi alternativi oggi non ci sono o comunque non possono sostituire al 100% la sperimentazione. Lo dico a malincuore perché non vedo l’ora del giorno in cui potremo farne a meno”.

La questione della sperimentazione animale ruota anche, e soprattutto, attorno a questioni economiche. Per questo Grignaschi auspica per il futuro una mossa politica che equipari l’Italia a molti altri stati membri: “In Italia per la ricerca e lo sviluppo si investe poco più del’1% del PIL, in Germania il 3, la media europea è superiore al 2. Dovremmo arrivare il più presto possibile intorno al 3% così da favorire lo sviluppo di nuove metodologie. Prima o poi ci si arriverà, ma non credo entro il 2035”. A rallentare la sospensione delle sperimentazioni animali, tuttavia, ci sono anche difficoltà tecniche. Grignaschi spiega che manca ancora molta ricerca di base dal momento che “non conosciamo sufficientemente bene il funzionamento degli organismi viventi e dell’uomo per poterli mimare in vitro o con i computer e i bioreattori”.

Primo passo – Queste problematiche per Carla Rocchi, presidente dell’Ente Nazionale Protezione Animali, sono invece superabili. Anzi, quello americano pare un “primo passo verso il cambiamento. Ho suggerito la notizia al nostro ministro della salute: si può fare”. Questo seppur la decisione dell’Epa riguardi soli i mammiferi e nonostante topi e ratti da laboratorio siano esclusi dalla protezione dell’Animal Welfare Act americano perché fuori dalla “definizione” di animali. “È comunque una piccola crepa e piano piano il castello crollerà”. Per la numero uno dell’Enpa la situazione svolterà solo se si metteranno in discussione i pilastri su cui, a suo avviso, si regge il “sistema” della sperimentazione animale. “Tra cui il business universitario. Ogni esperimento è una pubblicazione e so bene che, a volte, un esperimento si fa non per il valore scientifico ma solo per pubblicare perché con le pubblicazione si prendono le cattedre”.

La normativa in vigore consente l’utilizzo degli animali ai fini scientifici solo quando non sia possibile nessun altro metodo o una diversa strategia di sperimentazione scientificamente valida. Anche in Italia il mondo della sperimentazione è stato fortemente influenzato e ispirato dal cosiddetto “principio delle 3R: rimpiazzare, ridurre e rifinire” nato 1959 da una riflessione morale interna alla scienza stessa. Da qui emerge l’impegno attivo dei ricercatori per rimpiazzare l’animale con un modello alternativo, ridurre il numero di animali usati e infine migliorare le condizioni sperimentali cui sono sottoposti.

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