Mancano appena ventiquattro ore alla dichiarazione di guerra di Benito Mussolini contro Inghilterra e Francia quando l’Italia conosce il 20enne Fausto Coppi. È’ stato ingaggiato solo un anno prima da Eberardo Pavesi – grande personalità dell’era pioneristica del ciclismo – per fare da gregario a Gino Bartali, già vincitore di due edizioni del Giro d’Italia nel 1936 e 1937, nonché di un’edizione del Tour de France nel 1938. Retrocesso a gregario a seguito di una caduta sul Passo della Scoffera già alla seconda tappa, e dopo la conquista della maglia rosa da parte di Coppi, Bartali – tra piccole tensioni e malumori – si mise a disposizione del suo giovane compagno di squadra, trascinandolo fuori da una crisi sul Passo Pordoi e guidandolo fino alla vittoria a Milano.

Coppi, da par suo, ci mette dieci tappe a prendere le misure della competizione di cui è esordiente. Poi il 29 maggio Fausto decide di diventare Coppi. È l’undicesima frazione, da Firenze a Modena per un totale di 184 chilometri. Piove, c’è freddo e tira vento. Coppi attacca sulla salita che porta all’Abetone e va in fuga solitaria durante la discesa, arrivando a Modena con quasi quattro minuti su Brizzi, secondo di giornata. Conquista la sua prima maglia rosa in carriera e la mantiene fino in fondo. Enrico Mollo, secondo nella generale, termina il Giro staccato di due minuti e quaranta secondi. Il terzo, Giordano Cottur, è lontano ben undici minuti e quarantacinque.

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