Una struttura ossea e muscolare fragile, con un torace ampio e quasi snaturato che erano capaci di fondersi perfettamente sopra una bicicletta. Non a caso Gianni Brera lo descrisse come “un’invenzione della natura per completare il modestissimo estro meccanico della bicicletta”. Una capacità polmonare da sette litri e mezzo (superiore alla norma) e una frequenza cardiaca da 34 battiti al minuto che esaltavano la sua resistenza sotto sforzo. Insieme a Gino Bartali ha rappresentato molto di più di una rivalità, la più grande e simbolica (ancora oggi) nella storia del ciclismo. Era uno spirito di rivalsa per un intero popolo, uscito a pezzi da una guerra devastante e da un regime fallimentare. Tra povertà e macerie, nel secondo dopoguerra l’Italia è una nazione alla disperata ricerca di eroi da emulare e il ciclismo arriva in soccorso delle folle. È lo sport di riferimento per tutti, molto più del calcio. Un personaggio tanto iconico da spingere Castellania (una piccola cittadina in provincia di Alessandria) a cambiare nome nel 2019 per celebrarlo. Adesso il piccolo paese si chiama, appunto, Castellania Coppi. Ed è proprio lì che il 15 settembre 1919, esattamente cento anni fa, nasce Angelo Fausto Coppi. Il “Campionissimo”, “l’Airone”. Di lui Eddy Merckx dirà: “Le vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca”. Un romanzo da cinque Giri d’Italia nel 1940, 1947, 1949, 1952 e 1953 (record condiviso con Binda e lo stesso belga), due Tour de France (1949 e 1952), tre Milano-Sanremo (1946, 1948 e 1949), cinque affermazioni al Giro di Lombardia (1946,1947, 1948, 1949, 1954) e i successi singoli alla Parigi-Roubaix nel 1950 e nel campionato del mondo nel 1953. Ma cinque non sono solo le vittorie nella “corsa rosa” di Coppi. Sono anche i momenti scelti per addentrarci dentro al mito di un’atleta capace di portare 50mila persone a Castellania pochi giorni dopo la sua morte, avvenuta il 2 gennaio 1960. Causata da un caso di malasanità, una puntura d’insetto e un viaggio in quell’Africa che aveva iniziato ad amare dentro a un campo di concentramento alleato tra il 1943 e 1944.

(le foto inserite non si riferiscono alle competizioni citate nei singoli capitoli)

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