Dopo undici anni si chiude uno dei capitoli delle indagini Why Not e Poseidone, all’epoca aperte da Luigi De Magistris, ex pm di Catanzaro e oggi sindaco di Napoli. La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della corte d’Appello di Salerno che aveva dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per i reati di abuso d’ufficio contestati all’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, Salvatore Murone (difeso da Mario Murone), e all’avvocato generale Dolcino Favi (difeso da Francesco Favi). I due avevano adottato provvedimenti per sollevare dalle indagini lo stesso De Magistris.

In primo grado Murone e Favi erano stati assolti per corruzione perché non avevano ricevuto alcuna utilità per aver tolto le inchieste all’allora pm di Catanzaro. La difesa dell’ex sindaco di Napoli aveva fatto ricorso per fini civilistici sostenendo che comunque si era trattato di atti illegittimi. La Corte d’appello di Salerno, accogliendo il ricorso della parte civile de Magistris, aveva riconosciuto l’abuso d’ufficio, che però era ormai prescritto.

La sentenza degli ermellini mette fine a un procedimento iniziato nel 2008 con le perquisizioni e i sequestri effettuati negli uffici giudiziari di Catanzaro. A dirimere quello che venne definito lo scontro tra Procure (quella di Salerno e quella di Catanzaro) dovette intervenire l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il procedimento che si è concluso oggi ha avuto inizio nel 2007 a seguito di numerose denunce presentate da De Magistris il quale sosteneva che gli fossero state illegittimamente sottratte le indagini.

“Tutte le mistificazioni, le bugie, le cattiverie sono finite, l’assoluzione del primo grado è stata ribadita ieri a dimostrazione che le vicende successe al signor de Magistris non sono il frutto di congiure e complotti, di poteri forti e livelli superiori, ma solo il suo modo di fare il pubblico ministero già stigmatizzato dai provvedimenti di carriera che lo hanno colpito, portandolo fuori dalla magistratura”, sostiene Murone. “È talmente tanta l’amarezza e la sofferenza patita che non ho niente da commentare perché i fatti si commentavano da soli già 12 anni fa”, dice l’altro imputato Favi. Da parte sua l’attuale sindaco di Napoli ha definito come “molto affrettate” le dichiazioni degli imputati. Mancano ancora le motivazioni, ma De Magistris dice che “ci sono alcune cose chiare dalle quali non si può scappare: il fatto storico è ricostruito in via definitiva. La Cassazione non può entrare nel fatto. La sentenza della Corte d’Appello di Salerno in cui si arla di condotte, seppur prescritte, di abuso d’ufficio, quindi di sottrazioni illecite delle inchieste Why not e Poseidone, al fine di danneggiarmi e avvantaggiare gli indagati, è un fatto storico acclarato e la storia non può essere cambiata, qualunque sia la motivazione della Corte di Cassazione”.

“È necessario poter leggere la integrale motivazione prima di commentare la decisione. Invero la Suprema Corte ben potrebbe aver comunque riconosciuto il buon diritto di Luigi de Magistris di adire il Giudice Civile per il ristoro dei danni da lui subiti in conseguenza di operazioni (revoca ed avocazione delle indagini in corso) che la Corte di Appello di Salerno, con una ricostruzione del fatto ed un giudizio storico sul merito (giudizio che, invece, la Cassazione non poteva effettuare, essendo Giudice non del fatto ma della sola legittimità formale della sentenza), ha definito essere illegali”, dicono Elena Lepre e Stefano Montone, legali di De Magistris. “E quella ricostruzione di merito, quel giudizio sul fatto, rimangono e rimarranno, quale che sia la valutazione che sul piano formale possa aver svolto la Cassazione. Del resto, contrariamente a quanto riportato da taluni in modo erroneo, la sentenza di primo grado aveva assolto gli imputati dalla accusa di corruzione in atti giudiziari non essendovi prova di passaggio di denaro o altre utilità, ma non aveva affatto sancito la legittimità dei provvedimenti di revoca e di avocazione dei quali, anzi, aveva evidenziato consistenti criticità. Non rimane dunque che attendere – continua il collegio difensivo di de Magistris – sottraendosi alla tentazione di chiosare una decisione che dovrà essere letta e analizzata nella sua compiuta integralità”.

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