di Maurizio Donini

Molti lettori, elettori, personaggi di tutte le parti politiche si sono stupiti della crisi agostana scatenata dalla Lega di Matteo Salvini che ha portato alla caduta del governo di cui era vice-premier con relativa nascita del Conte bis. Ma la genesi di quanto accaduto era già evidente dallo scorso anno, in altri miei interventi pubblicati in questo spazio così come in quelli di altri attenti e lucidi giornalisti e analisti, si era già pronosticato la caduta del governo giallo-verde dopo le elezioni europee. Poi le spinte centrifughe della corrente di Giorgetti e della parte più insofferente della Lega hanno aumentato la velocità di caduta, ma il percorso era segnato fin dalla nascita dell’esecutivo M5S-Lega.

Quando ebbi la possibilità di intervistare il professor Cacciari, questi disse: “Le cose sono sotto gli occhi di tutti, poi basta volerle vedere”. L’incompatibilità caratteriale e programmatica della strana alleanza giallo-verde era più che evidente e conclamata e si realizzò solamente per l’impossibilità di trovare vie alternative in quel momento. Era facile prevedere, senza avere bisogno di sfere di cristallo, la crisi di governo dopo le elezioni europee, come poi avvenuto, per la voglia della Lega di capitalizzare il raddoppio del consenso elettorale andando a elezioni anticipate. Ma non solo questo, oltre la voglia di distrarre la pubblica opinione dalla querelle Moscopoli, il problema principale è economico, la debolezza della manovra e dei provvedimenti varati dall’esecutivo giallo-verde. Questa è la vera seconda ragione della crisi politica attuale, l’impossibilità di fare quadrare i conti, un’economia traballante aggravata da un aumento del debito su cui pesa uno spread troppo alto, i cantieri fermi, la Tav che Tav non è su cui improvvisati esegeti hanno speso fiumi di inchiostro virtuale senza averne la minima competenza.

Nemmeno deve stupire i pochi lettori attenti il fatto che si sia concretizzato un governo M5S + Pd. Chi ha avuto la pazienza di seguire i lavori statistici e degli analisti, gli studi delle Università di Bologna e Urbino e i dati presentati dal Cattaneo sugli aderenti al Rousseau misero in luce come il 47% degli elettori pentastellati avesse una visione corrispondente alla sinistra, mentre solo il 22,5% si riconosceva nei valori della Lega. Il fatto che chi urla abbia maggiore visibilità e quindi appaia in numero superiore alla realtà non trova riscontro nei numeri che sono neutri rispetto la realtà percepita.

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