I furgoni killer circolano ancora nelle campagne del Foggiano. A un anno dalla strage dei migrantiin 12 morirono vicino a Lesina – sfruttati per la raccolta dei pomodori e delle angurie, i braccianti vengono ancora accompagnati illegalmente nei campi. I mezzi hanno sempre lo stesso aspetto: le panche in legno al posto dei sedili, le porte laterali saldate. La stretta dei carabinieri è nei numeri: 50 mezzi sequestrati dalla primavera, 350 lavoratori controllati, cinquanta dei quali non in regola, 350 aziende passate al setaccio con una ventina di situazioni gravemente irregolari registrate.

Le condizioni del trasporto per andare al lavoro sono plasticamente immortalate dalle foto scattate dagli uomini del comandante Marco Aquilio: “Oggi sono più guardinghi, spesso vengono lasciati lontani dalle aziende per evitare problemi – spiega Aquilio a Ilfattoquotidiano.it – I furgoni stanno diventando più rari, spesso vengono caricati in 7-8 nelle auto. Il problema resta, per questo stiamo lavorando anche con le associazioni degli agricoltori”.

“Ci tengo a dire che su 350 aziende controllate dall’inizio dell’anno, in una ventina di casi abbiamo riscontrato violazioni gravi. Vuol dire che molti lavorano in maniera regolare. La nostra non è una caccia alle streghe, i controlli servono”, aggiunge Aquilio. Sono stati due, invece, gli imprenditori arrestati per sfruttamento nel 2019. A fine giugno, il blitz – nato dopo un esposto della Flai-Cgil – in un’azienda agricola ha permesso di scoprire un mini-ghetto nel quale vivevano, tra muffa e sporcizia, oltre 10 braccianti. Alla società è stato applicato il controllo amministrativo-giudiziario, previsto dalla legge anti-caporalato del 2016.

“Una vera svolta. È la linea da seguire – dice Aquilio – I 12 clandestini che abbiamo trovato in quel blitz ora lavorano tutti con regolare contratto nazionale. Nelle prossime operazioni non scapperanno più. La conoscenza e l’applicazione di questo strumento incentiva anche le denunce. Così si contrasta davvero il caporalato”. L’azienda irregolare è passata nelle mani di un amministratore di fiducia, nominato dal Tribunale, che gestirà la ditta fino alla totale messa in regola salvaguardando nel frattempo i posti di lavoro pre-esistenti e la regolarizzazione di chi lavorava in nero.

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