Sono 3.890 le tigri rimaste libere in natura. Nonostante i tanti sforzi di conservazione, la specie è protagonista di un inarrestabile declino, con un calo della popolazione stimato di circa il 97% rispetto a un secolo fa: all’inizio del secolo scorso erano circa 100mila le tigri libere. Quelle rimaste sono distribuite in maniera disomogenea in 13 differenti Paesi: India, Nepal, Bhutan, Bangladesh, Russia, Cina, Myanmar, Thailandia, Malesia, Indonesia, Cambogia, Laos e Vietnam. A fare il punto è il Wwf, in occasione della Giornata mondiale della tigre, che ricorre il 29 luglio.

La causa principale del declino è il bracconaggio: oltre che per l’utilizzo di sue parti nel mercato illegale, l’animale è vittima anche di una caccia legata al conflitto tra il predatore e alcune attività umane, come l’allevamento e, in alcuni contesti, agli attacchi verso l’uomo stesso. Secondo recenti studi, ricorda il Wwf, è il Sud-est asiatico l’area in cui le tigri stanno soffrendo di più a causa della caccia di frodo, che si fonda ancora oggi su credenze popolari alimentando un mercato illegale, legato anche alla medicina tradizionale cinese, che utilizza alcune parti del corpo del felino, come organi interni, ossa o denti, per la produzione di medicinali.

Il commercio, però, riguarda tutta l’Asia. Il rapporto Bracconaggio Connection, presentato dal Wwf nel maggio del 2018, sottolineava come il commercio illegale di specie selvatiche produca un business che può arrivare a circa 23 miliardi di dollari all’anno, e ricorda che dal 2014 al 2016 i crimini di natura hanno registrato una crescita del 26%. Questo traffico illegale è il quarto a livello globale dopo quello di droga, esseri umani e merci contraffatte. Una tigre sul mercato illegale può valere fino a 150mila dollari.

La popolazione più numerosa di tigri è in India, dove ci sono 2.226 tigri censite, mentre negli altri Paesi la situazione è più grave, sottolinea l’associazione: tra Russia e Cina si contano circa 450 tigri dell’Amur, una sottospecie unica ormai a forte rischio di estinzione, mentre in Indonesia sopravvivono solo circa 400 tigri di Sumatra. E solo in pochi Paesi esistono dei reali sforzi per frenare il bracconaggio come, ad esempio, in Nepal e in India, dove si assiste negli ultimi anni ad un leggero aumento del numero di tigri. In Nepal, dal 2013 a oggi, le tigri sono aumentate da 198 a 235, con un incremento della popolazione del 19%. Grazie a questi sforzi arrivano dei timidi segnali positivi, rimarca l’associazione, come il dato che riporta l’aumento del numero globale di tigri dai 3.200 individui stimati nel 2010 ai 3.890 odierni.

Articolo Precedente

Cambiamento climatico, chiamiamo le cose col loro nome. Altro che ‘morti da maltempo’

next
Articolo Successivo

Milano contro il consumo di plastica: borracce di alluminio a tutti i bimbi di elementari e medie

next