Il Tribunale di Milano ha condannato a 30 anni Marco Villa, il 27enne che nel maggio del 2018 uccise a coltellate il suo socio, William Lorini, dopo una serata passata insieme assumendo droghe e bevendo alcol. La sentenza ha quasi raddoppiato la pena di 16 anni richiesta dal pm di Milano Sara Arduini e ha disposto circa 100mila euro di provvisionali ai famigliari della vittima, presenti al processo come parte civile.
Le indagini e la confessione dell’imputato avevano chiarito che il delitto era scaturito da una lite nata tra i giovani ex soci che si erano incontrati solo quattro giorni prima della sera del delitto per fare insieme un intervento di ristrutturazione. Lorini e Villa, che secondo i racconti dell’imputato quella sera erano sotto l’effetto di cocaina e alcol, si trovavano in macchina al momento dello scoppio della lite, ma che cosa abbia trasformato il diverbio in un omicidio non è ancora chiaro. L’imputato avrebbe più volte cambiato versione, ma sembra che la discussione sia nata da un banale rimprovero della vittima alla compagna e convivente di Villa che era alla guida dell’auto. Quando sono arrivati all’abitazione della coppia, la compagna di Villa sarebbe salita mentre i due uomini sono rimasti in strada a litigare. A quel punto Villa sarebbe salito in casa per prendere un coltello e poi sceso per colpire all’addome il giovane.
Il pm Arduini aveva chiesto una pena decisamente inferiore, chiedendo di concedere all’imputato le attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante dei futili motivi, sulla base della sua confessione e della collaborazione alle indagini che aveva permesso di ritrovare l’arma del delitto. Il pubblico ministero aveva richiesto in partenza che a Villa venissero dati 24 anni, ridotti a 16 per via dello sconto di un terzo previsto dal rito abbreviato. Ma il giudice Tommaso Perna ha quasi raddoppiato la pena, non concedendo le attenuanti e disponendo provvisionali alla famiglia della vittima.
Dopo la sentenza tutta la famiglia di Lorini ha ringraziato i legali Alessandra Silvestri e Michele Andreano per il risultato ottenuto. La madre, che insieme a tutti i famigliari della vittima si era costituita parte civile, ha commentato: “E’ stata una sentenza giusta. Ero titubante sulla giustizia italiana, ma per fortuna è andata bene, lo dovevo a mio figlio”.
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