In crisi da tempo, giovedì Stefanel, storica azienda veneta della moda, ha dichiarato l’insolvenza. Dopo aver depositato l’istanza di rinuncia alla procedura di concordato preventivo con i propri creditori. Così è partito l’iter per la procedura di amministrazione straordinaria. Decisione che secondo il cda mira a “tutelare l’occupazione”. Il concordato preventivo era stato ottenuto in gennaio e l’azienda aveva tempo fino a metà giugno per presentare un piano di risanamento. La rinuncia era già stata deliberata nei giorni scorsi, dopo che il consiglio di amministrazione aveva preso atto dell’impossibilità di accordarsi con i creditori. Era chiaro che non ci fossero interlocutori interessati a supportare la società e che le ipotesi autonome di rafforzamento patrimoniale erano impercorribili. L’indebitamento ha raggiunto la cifra di 90 milioni di euro.

Della decisione era stato informato anche il ministero dello Sviluppo economico, che in precedenza aveva aperto un tavolo con il management dell’azienda, la Regione Veneto e i sindacati. Lo stesso Mise ha reso noto la scorsa settimana che continuerà a lavorare per tutelare i circa 200 lavoratori della sede centrale e dei negozi, il patrimonio produttivo e quello commerciale. Stefanel, in mano da fine 2017 al fondo Attestor e alla management company Oxy Capital, aveva comunicato sul finire dello scorso anno una perdita di 20,9 milioni di euro solo nei primi nove mesi del 2018. Un piano industriale per il rilancio, che garantiva l’operatività della sede di Ponte di Piave e dei punti vendita, era stato presentato in febbraio.

Con il ministero del Lavoro era stato firmato un accordo tra le parti per la concessione della cassa integrazione. Piano e proposta concordataria avrebbero dovuto essere depositati entro il 14 giugno, ma già a fine maggio le interlocuzioni con creditori e fornitori non si erano ancora definite. Insieme all’avvio dell’iter per l’amministrazione straordinaria, l’azienda ha annunciato le dimissioni del consigliere Tito Berna, in considerazione dell’incompatibilità intervenuta tra il mantenimento della carica di consigliere e la propria attività di liquidatore della società correlata Legenda. Tra i maggiori creditori ci sono Intesa Sanpaolo (26,5 milioni), Unicredit (19,9), Mps (22,5), Banco Bpm (8,3), Bnl (3,6), e Mediocredito Friuli Venezia Giulia (4). In Borsa il titolo, quotato dal 1987, resta sospeso a tempo indeterminato.

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