“Qui, ministro Bonafede, si gioca la faccia e la reputazione, sua e della Repubblica”. Si conclude così la lettera che l’avvocato Giuseppe De Pace ha inviato stamattina al guardasigilli dopo l’udienza di ieri in cui è stato rinviato il processo ai presunti assassini di Matteo Vinci, il giovane biologo ucciso nell’aprile dello scorso anno a Limbadi con un’autobomba che ha ferito gravemente anche il padre Francesco che si trovava con lui.

Il quarantaduenne Matteo è stato ammazzato come un boss nel regno della cosca Mancuso. L’ex rappresentante di medicinali, però, un boss non era. Piuttosto con la sua famiglia non aveva piegato la testa davanti a una delle cosche più feroci della Calabria che voleva il suo pezzo di terra. Il processo doveva iniziare ieri nei confronti Rosaria Mancuso, del marito Domenico Di Grillo, delle figlie Rosina e Lucia Di Grillo e del marito di quest’ultima Vito Barbara.

Quest’ultimo e Rosaria Mancuso (parente dei boss di Limbadi) sono accusati dell’omicidio di Vinci e del tentato omicidio del padre. Un reato aggravato dai futili motivi e soprattutto dalle modalità mafiose. A causa di un difetto di notifica, però, il gup di Catanzaro ha dovuto rinviare l’udienza preliminare al prossimo 21 giugno. Per l’avvocato De Pace c’è il rischio che gli imputati vengano scarcerati.

“Questa mattina – si legge, infatti, in una nota del legale della famiglia Vinci che si costituirà parte civile – ho scritto una lettera al Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, per informarlo del fatto che, a causa di un vizio di notifica, o meglio di una notifica arrivata tardivamente, i presunti assassini di Matteo Vinci, il giovane biologo morto all’interno della propria autovettura fatta esplodere con un ordigno a distanza nell’aprile dello scorso anno, potrebbero tornare presto a piede libero”.

Il perché lo spiega sempre l’avvocato: “Il 26 giugno 2018 la Dda di Catanzaro ha tratto in arresto i presunti autori della strage di Limbadi, tutti appartenenti al clan Mancuso. Solo il 16 maggio di quest’anno la Procura della Repubblica competente ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio al gup, il quale, in pari data, ha provveduto ad emettere il decreto di fissazione dell’udienza preliminare per il 7 giugno 2019. Ai sensi di legge, la notifica alle parti doveva compiersi entro il 28 maggio (almeno dieci giorni prima dell’udienza). Per ragioni ad oggi sconosciute detta notifica all’imputata Lucia Di Grillo è stata fatta solo il 4 giugno, tre giorni prima dell’udienza. Per l’effetto il gup, come suo obbligo, ha disposto il rinvio dell’udienza al prossimo 21 giugno. Detto ciò, se la notifica del verbale non verrà effettuata entro il giorno 11 giugno 2019, e cioè fra soli tre giorni, il processo subirà un ulteriore rinvio e, per conseguenza, gli imputati, il 26 giugno (termine di scadenza della custodia cautelare) verranno rimessi in libertà”.

Un difetto di notifica, quindi, che può capitare in un territorio come la Calabria dove spesso i tribunali sono intasati dai maxi-processi alla ‘ndrangheta oltre che dalla “normale” attività giudiziaria. Detto questo, però, è comprensibile l’ansia dei genitori di Matteo Vinci per il pericolo che i presunti autori dell’autobomba possano ritornare in libertà non perché innocenti ma per un ritardo di una notifica. Se il nuovo avviso di fissazione udienza, comunque, riuscisse ad essere notificato a Lucia Di Grillo entro l’11 giugno, il processo potrebbe iniziare il 21 giugno ed essendo pochi gli imputati si potrebbe arrivare il 26 giugno al loro rinvio a giudizio o alla scelta del rito abbreviato. Entrambe le ipotesi bloccherebbero i termini di custodia cautelare.

Nella lettera indirizzata al ministro Bonafede, l’avvocato De Pace parla di “‘freni’ azionati da mani colluse con la cosca mafiosa e annidate presso uffici ‘strategici’” e sostiene che “i coniugi Vinci-Scarpulla sono letteralmente terrorizzati: presentono il pericolo del dissolvimento del processo e l’ombra della loro morte che si avvicina”.

La richiesta al guardasigilli è di “attivarsi” affinché la notifica a Lucia Di Grillo avvenga “nei termini” e di accertare, inoltre, un’altra circostanza strana e cioè “il motivo per il quale il medico del carcere dove è detenuto l’imputato Domenico Di Grillo ha stabilito l’impossibilità dello stesso a partecipare al processo in videoconferenza”.

“Ieri – continua la nota stampa dell’avvocato Giuseppe De Pace – la signora Rosaria Scarpulla, madre della vittima, ha occupato la stazione dei carabinieri di Limbadi chiedendo agli stessi di attivarsi, immediatamente e senza ulteriori indugi, a notificare la data della prossima udienza all’imputata Di Grillo. La mia assistita, sentendo come concreta la possibilità dell’imminente scarcerazione dei presunti assassini di suo figlio, teme fortemente per la propria incolumità e per quella del marito, già rimasto anch’egli gravemente ferito durante l’esplosione che ha ucciso Matteo. Come è evidente, in uno scenario così allarmante, solo il repentino e diretto intervento del ministro della Giustizia può consentire l’effettuazione di quegli adempimenti di legge che costituiscono i presupposti necessari al proseguimento di un giusto processo. È inaccettabile che in uno stato democratico in cui la lotta alla mafia dovrebbe essere l’obiettivo principale e non barattabile da parte della politica, della magistratura e delle istituzioni tutte possano verificarsi simili storture. Lo Stato non può permettersi di abbandonare la famiglia Vinci, così come tutte quelle altre famiglie che tanto coraggiosamente si sono esposte in prima persona dicendo no alla protervia e alla violenza mafiosa”.

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