I tempi biblici delle opere pubbliche contro l’esigenza di costruire e aprire l’impianto il prima possibile. E un grossolano errore di valutazione negli accordi che hanno portato alla delibera di pubblico interesse, tale da rischiare di compromettere definitivamente il progetto. Lo stadio dell’As Roma non è mai stato così a rischio come oggi. Anche perché l’impasse non è solo politica o giudiziaria, come quasi sempre negli ultimi tre anni, ma burocratica e difficilmente superabile senza scontentare una delle due parti. Con alla finestra ricorsi, cause milionarie e l’addio al sogno pallottiano dello stadio di Tor di Valle.

IL NODO DELLE OPERE – Il nodo è il seguente. Con la prima delibera capitolina del 2014, a firma dell’ex sindaco Ignazio Marino e del suo assessore Giovanni Caudo, la realizzazione delle opere di mobilità pubblica a servizio dello stadio di cui si faceva carico l’As Roma era di diretta responsabilità della parte privata. Con la revisione voluta dalla sindaca Virginia Raggi e l’accordo di fine 2016 meglio noto come ‘lodo Lanzalone’, invece, all’atto della nuova delibera approvata il 30 marzo 2017, molte opere sono passate in carico allo Stato (Comune, Regione, ecc), fra cui alcune direttamente collegate a quelle di competenza del privato. In entrambi i casi, però, è rimasto il vincolo della “contestualità”. Ovvero, il fischio d’inizio della prima gara ufficiale non potrà essere dato se non saranno completate tutte le opere. Ma se la parte pubblica non fa il suo in tempi accettabili (come negli ultimi 20 anni non è avvenuto spesso nella Capitale), si rischia di bloccare tutto. Così, accortisi del problema, i dirigenti giallorossi si sono letteralmente messi le mani nei capelli. Anche perché se l’As Roma non apre al pubblico lo stadio entro la stagione 2022-2023, i rischi sul fronte economico potrebbero essere incalcolabili.

IL CASO DELLA VIA DEL MARE – L’opera che preoccupa di più è l’unificazione della via del Mare e della via Ostiense. Fin qui i progetti di unificarle e creare una sorta di superstrada sono sempre falliti, considerando anche la necessità di fare lavori importanti ed effettuare espropri per diversi milioni di euro. Oggi che questa incombenza è passata alla società di James Pallotta, il timore concreto è che non bastino 3 anni per completare i lavori. Anche perché ci sono tutta una serie di opere corollario di cui dovrebbe farsi carico direttamente il Comune – con i soldi della Roma – fra cui espropri per diversi milioni di euro. E questo inguaierebbe non poco il club, in difficoltà sia sul fronte sportivo che nel rapporto con i tifosi.

LA PROPOSTA DI ROMA E EURNOVA – Ecco allora come si sta consumando lo scontro fra i proponenti e il Campidoglio. As Roma e Eurnova speravano in sede di redazione della convenzione urbanistica di reinterpretare il concetto di “contestualità”, affermando che per contestualità si intende che si inizia tutti insieme e poi chi finisce prima meglio alloggia. Anche di fronte al quadro “catastrofico” disegnato dal Politecnico di Torino, cui i proponenti vorrebbero ovviare mettendo a disposizione dei bus navetta dalla stazione Fs di Roma Ostiense. La sindaca Virginia Raggi, dal canto suo, ha risposto ‘picche’ attraverso un’uscita pubblica nella serata di martedì e pretendendo il pedissequo rispetto degli accordi da parte dell’As Roma. In fondo, la delibera 48/2017 parla chiaro e nel caso venisse “aggirata” si esporrebbe tutto il progetto ai ricorsi al Tar degli oppositori storici. Addirittura, potrebbe essere il club giallorosso a rivolgersi al tribunale amministrativo per provare a strappare una sentenza che andrebbe a correggere il tiro della delibera senza smontarla, ma sarebbe comunque un’ipotesi rischiosa.

LA SPINTA DELLA PIAZZA ANTI-PALLOTTA – Rispetto a qualche mese fa, poi, è completamento mutato lo scenario politico in relazione all’opinione pubblica. Da un lato, la sconfitta alle elezioni europee ha aperto una riflessione all’interno del M5S, anche romano, sulla necessità di tornare all’antico sul piano dell’intransigenza e sui temi urbanistico-ambientali; dall’altro, la difficoltà sportive dell’As Roma, culminate con la scelta di non rinnovare il contratto al capitano Daniele De Rossi, hanno mandato su tutte le furie una piazza ora addirittura disposta a rinunciare allo stadio pur di far andare via la proprietà americana (in alcuni quartieri sono apparsi striscioni inneggianti al patron della Sampdoria, Massimo Ferrero). Insomma, il coltello dalla parte del manico, stavolta, sembra avercelo il Campidoglio.

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