Gli hanno arrestati in dieci province, dove facevano affari partendo da San Severo, in provincia di Foggia. Una maxi-operazione che ha permesso di smantellare i clan La Piccirella, Severino e Nardino attivi nel centro della Capitanata. In manette sono finiti anche i boss con le accuse, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di droga, danneggiamento, reati in materia di armi, lesioni personali e tentato omicidio. Tutte aggravate da finalità mafiose. La procura antimafia di Bari assesta un altro duro colpo a una delle tre teste della mafia foggiana con 50 arresti che disarticolano i gruppi di San Severo.

Ramificata, come hanno scoperto gli uomini della squadra mobile di Foggia durante l’indagine, in almeno dieci province: Foggia, Napoli, Milano, Salerno, Rimini, Campobasso, Pescara, Chieti, Teramo, Ascoli Piceno e Fermo. E contatti che arrivavano anche all’estero, fino all’Olanda, per l’approvvigionamento della droga. In cella anche Giuseppe Vincenzo La Piccirella e Severino Testa, ritenuti ai vertici del clan La Piccirella, oltre a Franco e Roberto Nardino, capi del clan Nardino.

Nell’ordinare un pestaggio, Franco Nardino diceva testualmente “il paese è nostro”. Lo ha rivelato il procuratore capo di Bari e della Dda Giuseppe Volpe, durante la conferenza stampa nel capoluogo pugliese, alla quale è intervenuto insieme al procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, ai magistrati della Dda, al procuratore capo di Foggia Ludovico Vaccaro e al direttore della direzione centrale anticrimine Francesco Messina e ai questori delle due città. Una frase ripresa da alcune intercettazioni. “E invece il paese voi della polizia di Stato avete dimostrato che è dei cittadini e delle istituzioni”, ha aggiunto Volpe.

I clan avevano estorsioni e droga come core business, la mafiosità come arma per intimidire e controllare il territorio, piegandolo ai propri voleri, in una fase espansiva che vede i clan sanseverini autonomi eppure sempre più vicini alle batterie della Società foggiana, attiva nel capoluogo pugliese, e ai clan dei Montanari che stanno insanguinando il Gargano dal 2015. E anche a San Severo si era tornati a uccidere pochi mesi fa: il 24 novembre i killer avevano trucidato il pregiudicato Michele Russi, caduto in un agguato in pieno giorno dentro una barberia sotto oltre 50 colpi di fucile.

Nel corso dell’inchiesta – nella quale non viene contestato l’omicidio di novembre – sono stati accertati diversi episodi intimidatori, come un’estorsione ai danni di un commerciante, che si è visto danneggiare a colpi d’arma da fuoco l’abitazione, il negozio e l’auto. È la prima volta che viene contestata l’associazione di tipo mafioso alla criminalità organizzata di San Severo. Nell’operazione sono impiegati oltre 30 equipaggi dei Reparti prevenzione crimine, oltre alle squadra mobili di Foggia e Bari e del Servizio centrale operativo.

“Nel solo ultimo anno di lavoro una lunghissima serie di operazioni di polizia giudiziaria, evidente frutto di un progetto condiviso con le componenti dello Stato sul territorio, ha permesso di assicurare oltre 800 criminali alla giustizia conducendoli materialmente in carcere, di cui oltre 200 boss e sodali delle mafie del territorio foggiano”, ha detto il questore di Foggia, Mauro Della Cioppa, che lascerà il capoluogo dauno nei prossimi giorni. “Con questa operazione – ha aggiunto – lo Stato ha assestato un altro durissimo colpo alla criminalità organizzata del territorio della provincia di Foggia. Noi vogliamo tutti dimostrare la ferma determinazione e la assoluta volontà di ripulire completamente questo territorio da una criminalità pericolosa che ha superato ogni limite”.

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