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Mps, la Cassazione conferma assoluzione per gli ex vertici: appello bis per concedere proscioglimento più ampio

Gli ermellini hanno così respinto il ricorso del Pg di Firenze che chiedeva - supportato dal Pg della Cassazione Luigi Birritteri - un appello bis
Mps, la Cassazione conferma assoluzione per gli ex vertici: appello bis per concedere proscioglimento più ampio
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È stata confermata dalla Cassazione l’assoluzione degli ex vertici di Mps nel processo per ostacolo alla vigilanza sul contratto tra Rocca Salimbeni e banca Nomura. Accogliendo il ricorso delle difese di Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Gianluca Baldassarri, gli ermellini hanno disposto un appello bis a Firenze per valutare se concedere un proscioglimento più ampio “perché il fatto non sussiste”. Il pg aveva invece chiesto l’appello bis per riaprire alle accuse.

Secondo i giudici di appello nessuno aveva nascosto a Consob e Bankitalia il contratto sui derivati che avevano affossato il Monte dei Paschi Siena, la banca più antica del mondo che proprio a causa di quei prodotti finanziari era passata attraverso un fuoco di fila di salvataggi pubblici fino a diventare dello Stato. La Corte d’Appello di Firenze aveva quindi assolto l’ex presidente di Mps Mussari, l’ex direttore generale della banca Vigni e l’ex responsabile dell’area finanza Baldassarri dall’accusa di ostacolo alla vigilanza per la ristrutturazione del derivato Alexandria per “non aver commesso il fatto”. In primo grado, con sentenza emessa il 31 ottobre 2014 dal Tribunale di Siena, Mussari era stato condannato per concorso in ostacolo alla vigilanza a 3 anni e 6 mesi di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. La stessa pena era stata inflitta a Vigni e Baldassarri.

Gli ermellini hanno così respinto il ricorso del Pg di Firenze che chiedeva – supportato dal Pg della Cassazione Luigi Birritteri – un appello bis. Sono state invece accolte le richieste dei legali degli imputati che volevano una formula di proscioglimento più ampia “perché il fatto non sussiste”. Adesso la Corte d’appello di Firenze riesaminerà questa richiesta. Invece, “il fatto non costituisce reato”, aveva stabilito il collegio fiorentino presieduto Maria Luisa Romagnoli. A carico degli ex vertici di Mps, per i magistrati d’appello, “non vi è alcuna prova che dimostri che alla condotta materiale dell’inserimento del Mandate Agreement in cassaforte nel 2009 si fosse aggiunto, alla fine del 2011, un accordo per tacere agli ispettori di Bankitalia l’esistenza del documento”. L’accusa per tutti era quella di ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza di Bankitalia.  

 

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