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Doppio lavoro, sette docenti universitari segnalati dalla Gdf: danno per 1,6 milioni

Questa è solo l'ultima indagine della vasta inchiesta "Magistri". I professori hanno svolto attività incompatibili con quelle accademiche anche in diverse regioni del Nord Italia. Sanzioni amministrative per oltre 2,5 milioni di euro a 51 soggetti, tra imprese e professionisti, che hanno beneficiato delle consulenze
Doppio lavoro, sette docenti universitari segnalati dalla Gdf: danno per 1,6 milioni
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Arrotondavano, di molto, lo stipendio di docenti universitari fornendo consulenze per imprese e professionisti privati. Un doppio lavoro illegale per cui sette professori delle facoltà di Architettura e Ingegneria dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” sono sono stati segnalati per danno erariale dalla Guardia di finanza di Caserta alla Procura regionale della Corte dei Conti della Campania. Secondo i militari, che hanno condotto le indagini, i docenti hanno percepito per le attività private non autorizzate più di 1,6 milioni di euro.

Gli investigatori hanno svolto accertamenti tra il 2012 e il 2016, facendo controlli su 15 docenti, tra cui i sette che hanno segnalato. I casi di doppio lavoro sono avvenuti non solo in Campania, ma anche in diverse regioni del Nord Italia. Tra questi, c’è quello di un professore napoletano che ha fatturato oltre un milione di euro svolgendo consulenze per importanti società petrolifere del casertano attive nel ciclo dei rifiuti. Un docente di origini milanesi, invece, ha svolto incarichi in contemporanea all’attività accademica per ben 22 diversi committenti privati. La Guardia di Finanza, inoltre, ha contestato sanzioni amministrative per oltre 2,5 milioni di euro a 51 soggetti, tra imprese e professionisti, che hanno beneficiato delle consulenze dei professori. Dei commettenti multati, 24 hanno già provveduto al pagamento della sanzione.

L’operazione “Magistri”
L’indagine casertana è solo una parte dell’operazione denominata “Magistri”, svolta a livello nazionale su iniziativa del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Finanza. L’inchiesta cerca di combattere la prassi, piuttosto diffusa in ambito accademico, di fare attività privata parallelamente a quella accademica. Un comportamento in totale violazione del principio del rapporto di lavoro esclusivo con la pubblica amministrazione previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001. Sotto la lente degli investigatori sono principalmente le facoltà di Ingegneria e Architettura, ma anche quelle di giurisprudenza, economia e commercio e medicina.

Cosa dice la legge a proposito del doppio lavoro
La normativa vigente, come previsto dalla riforma Gelmini, prevede che i professori possano svolgere un’attività professionale di natura privata, a condizione però che optino per il regime a tempo definito con una conseguente riduzione di stipendio, mentre il regime a tempo pieno, che riguardava appunto i docenti coinvolti, è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale. Le uniche eccezioni previste sono legate ad attività specifiche connesse all’insegnamento, che si possono svolgere solo previa autorizzazione del rettore dell’ateneo di appartenenza.

I precedenti
Negli ultimi anni, ci sono state moltissime segnalazioni di doppio lavoro in ambito accademico da parte della Guardia di finanza. A maggio 2018, c’erano 411 docenti sotto indagine per l’inchiesta Magistri, provenienti soprattutto dagli atenei del Nord, con la Lombardia in testa per 60 casi al vaglio, seguita dalla Campania con 49 professori e dal Lazio con 38. All’epoca, i militari avevano quantificato il danno complessivo delle irregolarità scoperte fino a quel momento a circa 42 milioni di euro. Sempre quell’anno, 16 docenti dell’Università di Genova erano stati processati per doppio lavoro, e 14 di loro erano stati condannati a pagare danni per tre milioni e mezzo. A gennaio 2019, più di 200 i professori dell’ateneo genovese erano ancora sotto esame. Neanche la più antica università del mondo, l’Alma Mater Studiorum di Bologna, è rimasta immune dall’inchiesta. Nel settembre 2017, tredici professori e dodici ricercatori erano stati segnalati per attività incompatibili con l’impiego accademico, per un danno di quasi 4 milioni di euro. Di questi, tra sono stati condannati a pagare un risarcimento complessivo di circa 200 mila euro.

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