Non sono arrivati per caso. Né è stato per avere casa con affaccio sul mare, dicono i carabinieri, che si sono messi a fare affari lungo la strada che dalla via Flacca porta verso piazza Fontana e il suo slargo sulla spiaggia. Hanno costruito, comprato e rivenduto proprio in quei 143mila metri quadri: il comune l’aveva fatto passare come uno strumento per dare casa a costi calmierati a chi non poteva permettersene una a prezzi di mercato, invece ne è venuta fuori quella che per i magistrati è una gigantesca speculazione edilizia. E subito sono arrivati loro. Uomini vicini ai clan Zagaria, Bidognetti, Moccia, Belforte, Nuvoletta. Come le mosche sul miele. A leggere l’informativa depositata nel processo in corso a Latina, lo scenario del “Piano integrato” voluto dal sindaco alla sbarra Armando Cusani è il casertano profondo. Invece no, la nuova terra di conquista dei Casalesi ha una vista mozzafiato sul Tirreno: si chiama Sperlonga.

Il regno di Gomorra è qualche decina di chilometri più a sud. Sono arrivati da lì: cognomi, famiglie e ditte che affollano le inchieste e la geografia giudiziaria della Campania del nord. I loro interessi si incrociano e si fondono con quelli di notabili locali, gli stessi nomi figurano ai vertici di diverse società che a Sperlonga hanno portato muratori e betoniere o semplicemente hanno acquistato. Nel 2008, quando ancora è lontano il maxi-sequestro dell’area ordinato dalla Procura di Latina nel 2015, la famiglia di Giuseppe Carandente Tartaglia faceva spese in quella che i locali chiamano la “Nuova Sperlonga”. In provincia il suo nome non dice molto, ma al di là del Garigliano è un’autorità.

“Esponente di spicco del clan dei Casalesi, fazione Zagaria”, Carandante Tartaglia è il titolare della Edilcar, “la ditta di cui si servivano i casalesi per acquisire la gestione strategica del ciclo dei rifiuti“, annotano i carabinieri. Figlio di Mario, “pregiudicato ritenuto affiliato al clan camorristico di Lorenzo Nuvoletta“, era stato arrestato nel marzo 2014 per associazione a delinquere di tipo mafioso. La ditta aveva vinto il subappalto per la costruzione della discarica di Chiaiano e lui coordinava “gli interventi pubblici e dell’imprenditoria privata per l’utile proprio e della criminalità organizzata”, scrivono i pm nell’ordinanza di custodia cautelare. Oggi per quei fatti è a processo a Santa Maria Capua Vetere ma nel 2008, anno in cui le ditte a lui riconducibili cominciavano a lavorare nel nuovo impianto voluto dal governo Berlusconi per far fronte ell’emergenza in Campania, la società delle sue figlie acquistava due abitazioni e un’area urbana nella zona del Piano integrato di Sperlonga.

L’occasione è troppo ghiotta lì, tra il mare e via Canzatora che taglia trasversalmente i lotti, dove tra il 1999 e il 2010 il Comune e la Regione avevano dato il via a un incremento del 133% delle volumetrie previste dal piano regolatore e a una “riduzione dal 90% al 42% della volumetria assegnata all’edilizia residenziale pubblica a beneficio dell’edilizia residenziale privata”, annota il consulente che aveva ricostruito la vicenda per i carabinieri. Il miele era in bella mostra sotto il sole e le mosche si sono precipitate. A comprare per poi rivendere.

Decine di nomi: professionisti accusati di aver favorito la latitanza di camorristi del calibro di Raffaele Bidognetti, ditte colpite da interdittive antimafia o finite nelle inchieste “Spartacus 1” e “Spartacus 2”, imprenditori che hanno “rivestito cariche e/o detenuto partecipazioni in società segnalate dalla Banca d’Italia per operazioni sospette” e finiti in indagini “effettuate su infiltrazioni di clan camorristici facenti capo al noto Carmine Alfieri“, si legge nell’informativa finita anche sulle scrivanie della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. A comprare le villette sono anche persone vicine a Gabriele Brusciano, braccio destro e autista del capo dell’ala stragista del clan dei Casalesi Giuseppe Setola, e società che nei loro organigrammi contano “figure apicali” del clan Moccia.

Inquietante anche la fotografia del versante locale dell’infiltrazione. Tutto ruota attorno a due personaggi: Pierluigi Faiola, “uno dei principali immobiliaristi locali”, che risulta in affari con Gaetano Salzillo, imprenditore di Marcianise collegato “con la criminalità campana, ed in particolare con il clan Belforte”. I due “figurano come comproprietari in alcuni dei lotti del piano integrato” dove “di fatto gestiscono quasi tutte le compravendite degli immobili”. Faiola, poi, risulta “proprietario della ‘The Palace Srl‘ (altra società che realizza e commercializza immobili nell’ambito del piano integrato) e della ‘Immobiliare Faiola Srl‘, e socio unico della ‘Albert Immobiliare Srl‘”.

Di quest’ultima nell’informativa risulta amministratore unico Antonio Pignataro – sul quale “agli atti d’ufficio e dalla consultazione della Banca Dati SDI non emergono situazioni di interesse” – che a sua volta è amministratore unico della ‘Resort & Hotels Sperlonga Srl‘, la società di riferimento degli interessi alberghieri” del sindaco Cusani. “Tale collegamento consente di ipotizzare con tutta di evidenza una importante connessione tra l’artefice del piano integrato, ovvero Cusani Armando, e due degli imprenditori edili che hanno avuto un ruolo centrale nella realizzazione edilizia connessa al piano integrato”, annotano i carabinieri.

La corsa al mattone partita dalle terre di Gomorra secondo gli inquirenti ha uno scopo preciso. Dal puzzle messo insieme dal Reparto operativo guidato dal tenente colonnello Paolo Befera emergono “una serie di relazioni (…) la cui convergenza e ridondanza porta ad escludere fattori di casualità ed ad ipotizzare una vera e propria rete di relazioni ed interessi“. Per i carabinieri e la Procura che ha portato a processo il sindaco l’approvazione del Piano integrato ha dato il la a una maxi-speculazione edilizia: “Numerosi immobili sono stati acquistati direttamente da esponenti della criminalità organizzata” allo scopo di dare il via a “una consistente operazione di riciclaggio dei proventi illeciti dei clan campani, ed in particolare di quelli afferenti alla galassia del clan dei Casalesi”.

@marco_pasciuti

m.pasciuti@ilfattoquotidiano.it

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