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Pagamenti elettronici, tra obbligo del Pos ma senza sanzioni e giravolte sul tetto al contante l’Italia resta fanalino di coda - 4/6

Dal 2014 i commercianti sono tenuti ad accettare bancomat e carte, ma il decreto che fissava multe per chi trasgredisce è arrivato solo quattro anni dopo e il Consiglio di Stato l'ha bocciato. Il governo Conte aveva detto di voler intervenire: nulla di fatto. Nel 2016, poi, Renzi ha triplicato la soglia massima sotto la quale si può pagare cash. Così le banconote in circolazione lo scorso anno sono salite a quote 208 miliardi e l’85,9% di tutte le spese avviene ancora in contante
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Il nodo delle commissioni interbancarie

Obblighi a parte, uno dei motivi per cui i pagamenti elettronici faticano a diffondersi fra i commercianti italiani è il costo del Pos e delle commissioni interbancarie. Stimare l’entità di queste cifre è difficile, perché dipende da vari fattori: il contratto di affitto e di gestione del terminale, le tariffe previste dalle banche che emettono le carte di credito, gli istituti a cui si affidano gli stessi commercianti. Per porre dei limiti, però, l’Unione europea è intervenuta con la direttiva Psd2 (Payment service directive), in vigore da gennaio 2018 e recepita anche in Italia con apposito decreto. Cosa prevede? Fra le altre cose, è stato imposto lo stop ai sovrapprezzi variabili applicati alle diverse carte ed è stato fissato un tetto massimo per le commissioni interbancarie, pari allo 0,2 per cento del totale per le carte di debito e allo 0,3 per cento per quelle di credito. In base ai calcoli della Commissione, la direttiva dovrebbe portare a un risparmio di 550 milioni l’anno per tutti i consumatori dell’Ue e ridisegnare in modo più uniforme il mercato europeo dei pagamenti. A rompere questo quadro, rimane un’altra (grossa) differenza fra gli Stati membri che ancora non è stata appianata: il tetto all’uso del contante. 

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