Un “segnale” alle forze politiche e al Paese. È quello che serve sul caso Siri secondo Primo Di Nicola, vicecapogruppo M5s al Senato, da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Il sottosegretario, indagato per corruzione deve uscire dall’esecutivo”. Senza se né ma: “Se non lo fa volontariamente, per il rispetto che dovrebbe alle istituzioni, sia lo stesso Conte a pretenderne le dimissioni”.

Per De Nicola, l’allontanamento di Armando Siri, “in una normale democrazia, come pretendiamo che la nostra sia, non dovrebbero essere oggetto di trattativa”. E quindi il M5s “deve continuare a pretenderle”. La collaborazione con la Lega, aggiunge, “deve continuare per realizzare i punti più qualificanti del contratto di governo, ma senza compromessi e ritardi sul fronte della legalità, soprattutto nella lotta alla mafia”.

Un riferimento anche al ‘link’ che attraversa l’inchiesta nella quale è coinvolto il sottosegretario alle Infrastrutture, che sul tema ha già cambiato 3 volte la propria versione: “Non è politicamente tollerabile la presenza nel governo di un esponente leghista sospettato di aver provato a far diventare legge un emendamento a favore delle attività di Paolo Arata, socio di Vito Nicastri, imprenditore siciliano dell’eolico, pregiudicato per corruzione e truffa – ricorda Di Nicola – e già oggetto, da parte della Direzione antimafia di Palermo, di un sequestro pari a 1,3 miliardi di euro perché sospettato di essere uno dei finanziatori del latitante Matteo Messina Denaro, uno dei capi più influenti di Cosa Nostra”.

Ma Salvini – che ha già difeso Siri, come tutta la Lega – non accenna a passi indietro, nonostante i reiterati inviti dell’alleato di governo e le parole dello stesso Conte in un’intervista al Corriere della Sera che lasciavano aperta la strada delle dimissioni. “I giudici facciano il loro lavoro, spero in fretta. Se qualcuno sbaglia paga, però ogni tanto mi sembra ci sia tanta panna montata che è buona sul gelato, ma non è buona in altri contesti”, è tornato a difendere il suo esponente di governo da Pinzolo, dove si è detto indignato anche dal provvedimento di divieto di dimora nei confronti del sindaco del paese trentino, sotto inchiesta per peculato e turbativa d’asta.

Contro il leader della Lega è intervenuto anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, per il quale “sta distruggendo” l’Italia: “Da quando governa c’è meno lavoro, ci sono più debiti, non c’è più crescita, ci sono più insicurezza e illegalità. Difende solo il suo partito imbarcando di tutto e non difende certo gli Italiani, più indebitati e isolati nel mondo”. Ma soprattutto, aggiunge Zingaretti: “Ora vuole l’impunità quella classica dei potenti. Questa è la verità. Ma lo fermeremo unendo l’Italia onesta che lavora e che produce”.

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