Negli Stati Uniti molti dissidenti egiziani che ricoprivano incarichi importanti in patria e che provenivano da famiglie liberali sono riusciti a fondare istituzioni e centri di ricerca dai quali continuano a monitorare i cambiamenti interni all’Egitto. È il caso di Nancy Okail, fondatrice del Tahrir Institute for Middle East Policy (Timep) e già direttrice della Freedom House al Cairo, o di Mohammed Soltan, fondatore della Freedom Initiative. Altri continuano a scrivere e fare ricerca sull’Egitto esercitando le rispettive professioni. È il caso dell’accademico Amr Hamzawy, ex ministro della Gioventù nel governo di transizione post-2011, oggi negli Stati Uniti, o di giornalisti come Ahmed Ragab in Germania, impiegato presso la Deutsche Welle, o Mostafa el-Marsafawy in Giordania, impiegato presso l’Arab Reporters for Investigative Journalism. Altri ancora hanno fondato propri media dai quali diffondere informazioni indipendenti, come Islam Lofty a Londra (al-Araby Tv) o Ayman Nour, ex politico liberale del partito al-Ghad, ideatore del canale al-Sharq a Istanbul.

L’impegno dei dissidenti sembra concentrarsi sugli appelli contro le violazioni dei diritti umani e sul monitoraggio delle leggi liberticide egiziane, scontrandosi però con il limite evidente dello scarso o inesistente seguito di tali iniziative in patria. Le testimonianze raccolte nel libro evidenziano bene questa contraddizione tra il forte attivismo dei dissidenti egiziani nelle loro patrie d’adozione e l’impossibilità di un cambiamento in Egitto, dove anzi nuove leggi repressive vengono promulgate ogni giorno.

Le biografie dei dissidenti egiziani raccolte in questo testo conservano un importante valore di testimonianza sulla repressione del regime e sull’impossibilità di operare entro i confini dello Stato di diritto in Egitto. Oltre ai singoli successi personali, esse comunicano complessivamente un senso di disfatta e il naufragio di un’alternativa politica nel Paese. Tutti coloro che hanno invocato un cambiamento nel 2011 e che attendevano di vederlo realizzato nell’arco della propria vita oggi adottano una visione di lungo periodo, improntata a un faticoso processo di ricostruzione del dialogo tra le differenti componenti della diaspora egiziana, e in primis tra gli esuli della Fratellanza Musulmana e i liberali laici.

Tutti convengono che all’origine dell’attuale tragedia in cui versa l’Egitto vi sia stata la mutua diffidenza tra attivisti laici e musulmani nell’unico anno di relativa libertà dal regime (tra il 2012 e il 2013). Tutti condividono oggi il giudizio a posteriori che l’Egitto non potesse essere salvato dall’esercito, come un milione di cittadini aveva implicitamente richiesto scendendo in piazza, nel giugno del 2013, contro il governo eletto del presidente islamista Mohammed Morsi. L’attuale regime di polizia è il frutto di una convergenza di fattori interni ed esterni, ma è anche il risultato della scelta di una parte degli attivisti liberali di oggi che, per timore del governo Morsi, hanno fornito una legittimazione iniziale al colpo di Stato: molti attivisti egiziani di allora hanno sottovalutato il fatto che, dopo la cacciata di Mubarak, una nuova generazione di militari, altrettanto ambiziosa e forse più repressiva della precedente, si fosse affacciata al potere e che l’esercito fosse l’unica forza organizzata rimasta nel Paese.

Il libro di Azzurra Meringolo Scarfoglio raccoglie quindi le parole di coloro che hanno svolto ruoli preminenti nelle rivolte di piazza e nel breve periodo democratico che le ha seguite, ma che oggi devono compiere necessariamente un’autocritica sui limiti della loro azione politica, benissimo sintetizzati nel messaggio consegnato alla giornalista da Abdel Rahman Mansour, uno degli attivisti intervistati: “Occorre minare la legittimità e la popolarità del regime. Costruire un’alternativa, puntare sull’integrità delle elezioni”.

La diaspora egiziana oggi è stata ricondotta al pragmatismo, si interroga su come possa funzionare concretamente una democrazia, ma sa che il suo progetto di costruzione di un’alternativa si dispiegherà solo nel medio-lungo periodo, e che la strada per il ritorno in Egitto è ancora preclusa.

* ricercatrice ed esperta di questioni mediorientali

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Egitto, gli attivisti in esilio denunciano repressioni del regime. Ma in patria non cambia niente

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