L’esito era scontato, il contesto molto meno. Non sono passate la mozioni di sfiducia presentate dal Partito democratico e da Forza Italia contro il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli. I sì alla mozione Pd sono stati 102, 159 contrari, 19 astenuti. I senatori presenti erano 283, i votanti 280, la maggioranza era fissata a 131 voti. Il centinaio di voti a favore della mozione è del Pd e di Forza Italia. A favore del documento anche l’ex M5S Gregorio De Falco. I senatori di Fratelli d’Italia si sono astenuti. Assenti Matteo Salvini e Matteo Renzi. Simili i numeri per il no alla sfiducia firmata da Forza Italia: 110 voti a favore, 157 i contrari, 5 gli astenuti. Anche in questo secondo giro di votazioni, l’ex esponente pentastellato Gregorio De Falco ha votato contro il ministro.

Le tre senatrici M5S ‘dissidenti’, che ieri avevano detto sì all’autorizzazione a procedere per mandare a processo il ministro Matteo Salvini, oggi hanno invece votato per salvare il ministro delle Infrastrutture da entrambe le mozioni di sfiducia: Paola Nugnes, Elena Fattori e Virginia La Mura. Per entrambe le mozioni, la coalizione M5s-Lega non ha raggiunto quota 160, il che ha spinto le opposizioni a sottolineare che l’asse di governo non ha più la maggioranza assoluta a Palazzo Madama. Si tratta di una mezza verità: perché se è vero, come è vero, che per il secondo giorno consecutivo l’esecutivo non è riuscito a raggiungere quota 160, è altrettanto innegabile che all’appello sono mancati i senatori in congedo o in missione e che nel novero dei voti non sono stati conteggiati i due senatori del Maie che sono organici al governo (Ricky Merlo è sottosegretario agli Esteri) e i due ex 5 Stelle che, seppur fuori dal gruppo parlamentare, votano con l’esecutivo.

Lite Pd-Casellati, sospensioni, tensione in aula. E l’assenza della Lega
Durante le dichiarazioni di voto, tuttavia, c’è stata tensione nell’aula di palazzo Madama. Il senatore Biasutti (Fi) ha ironizzato su Toninelli che guarda il cellulare: “Vada su Google e digiti il suo nome, vedrà cosa esce…” ha detto. A quel punto dai banchi M5S è intervenuto Alberto Airola a difesa del ministro, rintuzzando il collega azzurro e incoraggiandolo ad andare lui su Google per trovare “bunga-bunga“. Urla e insulti, con la presidente Casellati che prima ha censurato Airola e poi è stata costretta a censurare anche Francesco Giro (Fi), che ha fatto il gesto delle manette. “A nessuno è consentito fare il gesto delle manette in quest’aula”, ha detto Casellati. Poco prima la presidente del Senato ha dovuto incassare anche le accuse del Pd. “Signora presidente, è da ieri che ci tortura, ci faccia parlare”: ha detto Andrea Marcucci, rispondendo a un richiamo sul tempo del suo intervento. Da qui è partito un botta e risposta. “Lei protesta sempre quando gli altri sforano ma non guarda quello che fanno i suoi. Il suo gruppo sfora sempre. Lei fa sempre così” ha detto la Casellati, con Marcucci ad assicurare che “la questione dovrà essere affrontata in conferenza dei capigruppo”. Altra nota di colore è stata la “solitudine” di Toninelli. Per gran parte della mattinata, infatti, il ministro delle Infrastrutture ha affrontato con la presenza del solo ministro Barbara Lezzi e del sottosegretario Vincenzo Santangelo, entrambi M5S, la seduta dedicata alle mozioni di sfiducia individuale nei suoi confronti. Al momento delle dichiarazioni di voto, al fianco di Toninelli, sono arrivati il premier Giuseppe Conte, il vice premier Luigi Di Maio e il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. Rumorosa, inoltre, l’assenza dei ministri leghisti, primo fra tutti Matteo Salvini. Solo nelle ultime battute della discussione sui banchi del governo sono arrivati i leghisti Gian Marco Centinaio (Agricoltura) e Giulia Bongiorno (Pubblica amministrazione).

Il contenuto delle due mozione
Una firmata dal Pd, l’altra da Forza Italia. Unico comune denominatore: chiedere le dimissioni di Danilo Toninelli per l’operato del governo sull’Alta Velocità Torino-Lione. Al Senato è il giorno della discussione delle due mozioni di sfiducia contro il ministro dei Trasporti, che intervenendo in aula a Palazzo Madama ha rivendicato il suo operato: “La ridiscussione” della Tav “è un dovere assunto dal Governo in Parlamento fin dalla sua nascita e ribadito testualmente attraverso due distinte mozioni: la prima, appena un mese fa, alla Camera dei Deputati e la seconda, solo due settimane fa, proprio qui al Senato della Repubblica. Ho agito in totale coerenza e trasparenza” ha detto Toninelli. Le parole del ministro sono arrivare in replica agli interventi sulle mozioni contro di lui.

Le critiche del Pd, i cartelli di Forza Italia
Nella fattispecie, nel documento preparato dai dem si legge che “il ministro avrebbe mentito al Parlamento e al Paese nonché al Governo francese e all’Unione europea, sottoponendo all’attenzione di tutti un’analisi del rapporto tra costi e benefici palesemente infondata e ora oggetto di ‘aggiustamenti‘ da parte del presidente del Consiglio dei ministri”. Il Pd, poi, ha sottolineato che voterà a favore di entrambe le sfiducie al ministro. Simile la mozione di Forza Italia, in cui si sostiene che “i comportamenti del ministro stanno bloccando le grandi opere e riducendo la nostra credibilità”. “La procedura su Tav fa acqua da tutte le parti: è stata trovata la solita soluzione da azzeccagarbugli: i cinque stelle si vantano di aver bloccato l’opera, la Lega di averla fatta andare avanti, con la clausola di dissolvenza” ha detto il senatore Salvatore Margiotta (Pd), illustrando la posizione del sui partito. “Toninelli, lo facciamo per te”, si legge invece sui alcuni cartelli mostrati dai rappresentanti di Forza Italia al termine dell’intervento della senatrice Alessandra Gallone, che illustrava la mozione di sfiducia preparata da Forza Italia. La presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha sospeso brevemente la seduta per far rimuovere i cartelli. “Noi non ce l’abbiamo con lei, non è colpa sua. Comprendiamo bene che ‘essere Toninelli’, oggi, è una condizione pesante. E noi le siamo assolutamente solidali. Perché non ha bisogno di nemici o di detrattori, lei è il miglior detrattore di sé stesso ed è bravissimo a fare tutto da solo” ha detto Alessandra Gallone, sottolineando che il governo ha bloccato “28 grandi opere, 600 opere minori, lottate contro i cantieri privati. Il problema della Tav bloccata significa essere esclusi dall’Europa“.

di Alberto Sofia

L’intervento di Toninelli: “Io coerente”
Prima del suo intervento di replica, Toninelli ha dovuto incassare anche le critiche di un ex collega di Movimento, ovvero il senatore Gregorio De Falco, espulso dal M5s: “Credo che il ministro non abbia dimostrato la capacità necessaria. Voterò sì alla sfiducia” ha detto l’ex grillino a Circo Massimo, su Radio Capital. “Anche senatori del M5S pensano che non sia all’altezza? Credo di sì – ha concluso De Falco – Non perché lo dicano loro ma perché si vede nei fatti”. Il titolare dei Trasporti, da par sua, ha preso la parola e rispedito al mittente le critiche ricevute. “Gli attacchi che mi sono stati rivolti, tutti concentrati sulla mia persona e casualmente partiti quando abbiamo messo in discussione il sistema delle concessioni autostradali – ha spiegato Toninelli – rappresentano la miglior prova dell’inconsistenza degli argomenti usati contro il mio operato. C’è ancora tanto da fare – ha proseguito – per ridimensionare chi ha avidamente divorato il Paese e per rimettere al centro i cittadini. Ma sono orgoglioso di quello ho realizzato come ministro e che abbiamo portato avanti come Governo. E rifarei tutto senza esitazioni”. Parlando dell’Alta Velocità Torino-Lione, poi, Toninelli ha sottolineato: “Nel contratto di Governo si legge testualmente che: ‘Con riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia‘. Questo impegno – ha detto – è stato la stella polare della mia azione sul dossier in questi mesi. Si tratta di un obiettivo che nessuno ragionevolmente potrebbe contestare se si uscisse dalla sterile polemica e si considerasse anche solo la sproporzione dell’impegno finanziario tra l’Italia e la Francia, che è stato assunto dai Governi precedenti contro l’interesse nazionale”.

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