Un militare che aveva contratto l’epatite cronica dopo essersi vaccinato alla vigilia di una missione all’estero riceverà un risarcimento di circa 3 milioni di euro dal ministero della Salute. Lo ha stabilito il tribunale di Catania che ha dato ragione al soldato basandosi sulla relazione di un consulente che non mette in dubbio la sicurezza del vaccino, ma la tecnica di somministrazione plurima in poco tempo e senza prima adeguati controlli medici.

Una tesi contestata dal direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Gianni Rezza, che, senza entrare nel merito del caso specifico, ritiene sia “impossibile che il militare abbia contratto l’epatite cronica a seguito della modalità di somministrazione delle vaccinazioni”. “L’unica cosa ipotizzabile – dice l’esperto – è una ‘malpractice’, ovvero l’utilizzo di un ago o una siringa infetti già utilizzati su altro paziente, anche se tali evenienze sono estremamente rare”.

Il virus dell’epatite, spiega Rezza, “non si può contrarre né per effetto dei vaccini né a seguito della somministrazione multipla in condizioni sterili delle vaccinazioni, anche se il soggetto dovesse risultare immunodepresso. L’epatite cronica, presumibilmente di tipo B – ribadisce – può essere contratta solo attraverso il contatto con sangue infetto”. Il tribunale di Catania ha basato la sentenza su una consulenza tecnica d’ufficio. Nella relazione si legge che le vaccinazioni “spesso sui militari sono fatte in pochi giorni senza valutare lo stato di salute e soprattutto un eventuale immunodepressione del soggetto”. E nel caso specifico rileva che il ricorrente “è affetto da epatite cronica a forte impronta colestatica di verosimile natura autoimmune” ed “esiste nesso casuale tra le vaccinazioni praticate e la patologia”.

Al militare, nel 2000, prima di partire per una missione all’estero, ricostruisce l’avvocato Vignera, che è anche vice presidente dell’associazione no profit Tutela degli epatopatici e malati danneggiati (Atem), nell’arco di 4 giorni, sono state praticate sette dosi di vaccini, comprese quelle anti epatite di tipo A e B. Nel 2002 ha cominciato a sentirsi male ed ha iniziato a sottoporsi a visite mediche ed analisi di laboratorio per accertare le cause del suo malessere. Agli inizi del 2009 al militare è stata diagnosticata una “epatopatia cronica di natura da definire”.

La commissione medico-ospedaliera di Palermo non ha riconosciuto il nesso causale tra la malattia e le vaccinazioni che gli erano state praticate e il militare ha presentato ricorso amministrativo al ministero della Salute, che è stato respinto. Il caso è stato quindi trattato dal giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, Caterina Musumeci che, dopo una consulenza tecnica d’ufficio, ha accolto il ricorso del militare “riconoscendo il nesso causale tra l’infermità da lui contratta e le vaccinazioni somministrategli nel 2000”.

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