Miedler, Caruso, Galovic, Quinzi, Lamasine e Marcora. Questo è il tabellone che ha dovuto affrontare il 17enne italiano Jannik Sinner per vincere il suo primo Challenger in carriera a Bergamo, diventando il primo tennista nato nel 2001 a raggiungere un simile traguardo. Un successo inatteso, arrivato senza concedere nemmeno un set negli ultimi tre incontri e mettendo in campo una maturità difficile da trovare in un ragazzo così giovane. Altoatesino come Andreas Seppi, Jannik Sinner – nato a San Candido il 16 agosto 2001 – grazie a questa vittoria è passato dal numero 546 al 324 del mondo.

Le duecentoventidue posizioni scalate in una settimana e la conquista di un trofeo hanno immediatamente portato Sinner al centro dell’attenzione, in un’Italia che da troppo tempo attende il “suo” campione della racchetta. Sarebbe saggio però rimanere cauti. Troppi infatti sono stati i giocatori che, nel corso della loro crescita, si sono persi per vari motivi. L’ultimo della serie: Gianluigi Quinzi, sconfitto proprio da Sinner nei quarti di Bergamo, che nel 2013 vinse Wimbledon Juniores, fu rapidamente incoronato come nuova promessa e altrettanto velocemente scomparse dai radar.

Tuttavia esistono almeno una serie di buoni motivi per poter credere in Jannik Sinner. Per esempio le sue ottime capacità tecniche di base che si esaltano se lo scambio passa dal lato del rovescio. Ma anche un altro fattore: forse questa volta non sarà il 17enne altoatesino ad avere tutta la pressione sulle spalle, visto che è solo l’ennesimo volto nuovo di un movimento tennistico maschile che si è riscoperto frizzante e ambizioso come non succedeva dagli anni Settanta. Un esempio? Il trionfo di Lorenzo Musetti agli Australian Open juniores di un mese fa. Un torneo in cui l’Italia ha saputo piazzare, per la prima volta, due giocatori in semifinale, grazie anche all’affermazione di Giulio Zeppieri.

Successi figli della scossa che l’ambiente azzurro ha vissuto nel corso del 2018, un anno in cui per la prima volta nell’era Open due italiani hanno raggiunto per due volte (Australian Open e Roland Garros) gli ottavi di finale di uno Slam. Merito dell’esplosione e la maturazione di due atleti come Marco Cecchinato e Matteo Berrettini, che sono andati ad aggiungersi ai sempre presenti Andreas Seppi (nel 2019 già finalista a Sydney) e Fabio Fognini.

Se Fognini – capace insieme a Seppi per anni di tenere alta la bandiera azzurra di un tennis maschile surclassato dalla generazione d’oro femminile composta da Pennetta, Errani, Vinci e Schiavone – ha nuovamente sfiorato la Top 10, vincendo tre titoli (San Paolo, Bastad e Los Cabos), Marco Cecchinato ha saputo riportato un italiano in semifinale – sconfitta contro Thiem in tre set – di uno Slam 40 anni dopo Corrado Barazzutti nel 1978. Il 26enne palermitano – fresco vincitore a Buenos Aires e nuovo numero 1 italiano da lunedì 25 febbraio – ha impreziosito la sua stagione anche con i titoli di Budapest e Umago. In quest’ultima occasione – grazie al contemporaneo successo di Fognini in Svezia – il tennis maschile per la prima volta ha visto trionfare due giocatori azzurri nella stessa settimana, il 22 luglio. Una settimana prima del primo titolo – condito dal successo anche in doppio con Daniele Bracciali – di Matteo Berrettini a Gstaad.

Se l’esplosione di Cecchinato, seppur consistente nei risultati, è stata tardiva, è proprio Berrettini a rappresenta il prospetto, attualmente, più interessante e concreto della nuova generazione azzurra. Alto 196 cm e dotato di un grande servizio – primo requisito nell’epoca muscolare che il tennis sta attraversando – quello che stupisce del 22enne romano è la velocità con cui è passato dai campi secondari a raggiungere il terzo turno in uno Slam (Roland Garros 2018) e la Top 50 in classifica (è stato numero 46 del mondo), grazie ad abnegazione e solidità mentale, qualità che spesso è mancata ai tennisti nostrani.

L’apice del risveglio dal torpore del tennis azzurro è rappresentato oggi da Fognini e Cecchinato, due giocatori stabili tra i primi 20 al mondo, come solo Croazia, Russia e Argentina posso vantare. Un altro traguardo che dalle nostre parti è stato un miraggio per 40 anni. La situazione sembra quindi essersi ribaltata: se il futuro del tennis femminile ora è aggrappato alle fortune di Camila Giorgi, quello della controparte maschile può dirsi, quantomeno, speranzoso. L’onda lunga nata nel 2018 deve ora essere confermata, per poter costruire una generazione che possa puntare a quei trofei rimati tabù per decenni, come la Coppa Davis e uno Slam. Magari partendo dalle Atp Finals di Torino del 2021, se mai si disputeranno sotto la Mole. Intanto il giovane Jannik Sinner può godersi il suo primo trofeo e crescere gradualmente: per una volta i riflettori non saranno tutti puntati su di lui, come ennesimo exploit a cui aggrapparsi.

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