Quando parliamo del costo della politica pensiamo unicamente alle poltrone. Al loro costo vivo, al bisogno urgentissimo di tagliarle perché in fondo consideriamo che rappresentare il popolo sia un modo per fregargli il portafoglio. Ci accontentiamo di azzannare il dito e trascuriamo invece di puntare lo sguardo sulla luna. Come si spendono i nostri soldi, dove si investono, dove invece si arrestano: quello è il vero, mostruoso costo della politica. Una scelta sbagliata quanto ci costa? Una norma inapplicata quanto ci costa? Un investimento scellerato quanto ci costa? Perciò ci sono degli ambiti della decisione politica, quello dei lavori pubblici, dove dovremmo tutti concordare sulla necessità dell’analisi preventiva dei costi e dei benefici che essa produrrà. Valutarne l’impatto, spiegare bene quanto conta farla e cosa succede se non si fa. Svestire di ideologia un’opera toglie senso a una contrapposizione inutilmente feroce come quella che da anni si combatte sul Tav. Alla luce di ciò che sappiamo oggi, e che avremmo potuto sapere ieri (il costo della sua costruzione è enormemente superiore ai benefici, quasi nulli, che essa apporterà) dovremmo comprendere il senso del pregiudizio. Col pregiudizio non si giudica. Si pregiudica soltanto.

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