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Venezia, volantini anonimi in piazza San Marco: preti accusati di pedofilia, chiesa di essere omertosa. Curia: “Denunciamo”

La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha smentito il contenuto dei messaggi, annunciando che della questione è stata informata la procura e che si procederà a una "denuncia-querela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”
Venezia, volantini anonimi in piazza San Marco: preti accusati di pedofilia, chiesa di essere omertosa. Curia: “Denunciamo”
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Ai tempi della Serenissima le denunce anonime venivano infilate nelle boche de leon, situate un po’ ovunque, ma in particolare a Palazzo Ducale, ed erano dirette alla magistratura veneziana. Oggi qualcuno ha pensato di farlo a suo modo, affiggendo volantini nell’area di San Marco e davanti alle chiese, per accusare alcuni sacerdoti di comportamenti personali scostumati, se non addirittura di pedofilia. E per accusare il Patriarca, Francesco Moraglia, di voler tollerare tutto questo. Scandalo a Venezia e attorno alla Curia che nell’ultimo secolo ha dato alla Chiesa tre papi, Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I. La premessa, probabilmente, è il piano della ristrutturazione delle parrocchie in centro storico, per far fronte anche alla carenza di sacerdoti. Un mese fa un gruppo di parrocchiani ha manifestato sotto le finestre di Moraglia, chiedendogli di rivedere la decisione di spostare don Massimiliano d’Antiga, parroco di San Salvador e San Zulian, a San Marco.

Ma l’attacco diretto al Patriarca si è consumato con l’affissione dei volantini diffamatori. “Basta scandalose protezioni, basta pavidi timori” è il titolo. La firma è, invece, “La verità vi rende liberi”. Nel testo è scritto: “È deplorevole la prassi di certe gerarchie ecclesiastiche di celare in modo palesemente omertoso i misfatti di preti, consentendo loro di fare danni e compiere gravi reati quali pedofilia e reiterare condotte irrispettose del ruolo e dei fedeli”. Vengono riportati anche i nomi di cinque sacerdoti che si sarebbero macchiati di comportamenti “deprecabili”, in quanto non rispettosi dell’abito talare che indossano e del vincolo della castità. Poi l’accusa al patriarca di non voler intervenire nella vicenda, anzi di volerla coprire. Monsignor Moraglia ha informato la Procura della Repubblica, consegnando ai carabinieri copia dei volantini.

La Curia, attraverso il settimanale Gente Veneta, ha diffuso una dichiarazione: “Nelle ultime ore sono comparsi a Venezia – affissi sulla porta della chiesa di San Zulian e nei dintorni – volantini anonimi il cui contenuto è altamente lesivo della reputazione dei soggetti coinvolti, con affermazioni gravemente diffamatorie e destituite di ogni fondamento nei confronti del Patriarca di Venezia e altresì gravemente offensive della reputazione di sacerdoti esplicitamente indicati con nome e cognome. Il fatto è stato prontamente segnalato alla Procura della Repubblica di Venezia. Il Patriarcato di Venezia intende procedere con denunciaquerela per diffamazione contro ignoti al fine di contrastare nel modo più fermo tale atto denigratorio”. In questa vicenda già esplosiva, si inserisce anche il professor Alessandro Tamborini, un cinquantenne docente di Scienze religiose, parrocchiano di San Salvador, autore in passato di proteste e volantinaggi.

Fu lui a rifiutarsi di togliersi le scarpe quando entrò in una moschea ricostruita alla Biennale di Venezia. E in numerosi scritti ha accusato la Curia veneziana di proteggere l’Islam e di trasformare le chiese in lucrosi affari. Lo ha fatto firmandosi “Plenipotenziario, Responsabile Nazionale di Forza Nuova per le politiche di tutela e promozione del patrimonio culturale ed artistico”. Tamborini ha scritto ai giornali per dire che lui non c’entra con i volantini anonimi. “Sono fuori Venezia da diversi giorni e non farò rientro che sabato 2 febbraio. È indubbio il palese tentativo di attribuire a chi scrive l’affissione dei volantini utilizzando linguaggi e parole riferite ad altri comunicati stampa e/o articoli pubblicati dallo scrivente”. E conclude: “Io ho la consuetudine di denunciare, scrivere, pubblicare, esponendomi in prima persona”.

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