Lega e M5s trattano sull’introduzione del quorum per il referendum propositivo. Dopo le tensioni delle scorse ore, i due soci di governo vanno verso un accordo sul limite minimo di votanti per considerare valida la consultazione e che dovrebbe aggirarsi intorno al 20 o 25 per cento. La Lega aveva in un primo momento presentato un emendamento al ddl di riforma costituzionale che prevedeva il quorum al 33%, ma lo ha poi ritirato. I 5 stelle sono da sempre contrari, ma si è deciso di far pronunciare il Parlamento e la novità di oggi è che i grillini sono pronti a mediare. “Da parte del M5s c’è la disponibilità a discuterne”, ha dichiarato il capogruppo della Lega in commissione Affari costituzionali Igor Iezzi. “Abbiamo deciso di ragionarci insieme: all’inizio il tema di un quorum era un tabù da parte dei colleghi di M5s, mentre ora c’è la disponibilità a discuterne”. Il Carroccio continua a ritenere che “il quorum sia necessario, perché si corre il rischio che alle urne decidano i membri di salotto, una cerchia ristretta”. Stessa linea ribadita anche dal leader leghista Matteo Salvini: “Deciderà il Parlamento”, ha detto.

La discussione sul testo inizierà il 9 gennaio in commissione a Montecitorio e il ddl è atteso in Aula per il 16. Impegnato sul tema è soprattutto il ministro M5s Riccardo Fraccaro con il suo staff, anche se l’obiettivo è quello di cercare di raccogliere il maggior consenso possibile sul tema e coinvolgere il Parlamento il prima possibile: si tratta infatti di una riforma costituzionale e necessario sarà il confronto con le altre forze politiche. Anche per questo la Lega ha deciso di non presentare alcun emendamento al ddl. “La decisione del Carroccio di non presentare emendamenti”, ha detto il capogruppo M5s Giuseppe Brescia, “è un altro segno di compattezza di questa maggioranza. Del resto non contenevano quorum né il testo base già votato un mese fa in commissione dalla Lega, né la proposta di legge M5s-Lega. In questo percorso deve guidarci il metodo saggiamente indicato dal presidente Conte nella conferenza stampa di fine anno: sulle riforme costituzionali decide il Parlamento, non il governo. Non facciamo gli errori di chi ha già fallito in passato senza cambiare nulla e ci ha lasciato in eredità mille parlamentari e strumenti troppo deboli per far sentire la voce dei cittadini”.

Allo scadere del termine per la presentazione degli emendamenti risultano invece circa 120 richieste di modifica di Forza Italia. Secondo gli azzurri, l’intervento costituzionale è una “tragedia”: “Basterebbe una riforma dei regolamenti parlamentari – ha detto Francesco Paolo Sisto, capogruppo azzurro in commissione Affari costituzionali al Gr Rai – per risolvere il problema della democrazia diretta”. “La riforma dell’articolo 71 della Costituzione”, ha proseguito, “è un attacco frontale alla democrazia rappresentativa. Vedremo quale sarà la posizione finale della maggioranza sul quorum per il referendum propositivo, ma in ogni caso l’intervento resterà una ‘tragedia’ costituzionale, sia pure un po’ meno tragica”. “Il tentativo è comunque chiarissimo. Vogliono scardinare i principi delle democrazie occidentali seguendo un disegno pericoloso, che non deve fare meno paura solo perché a metterlo in atto sono persone poco credibili. La democrazia diretta non può sostituire quella rappresentativa, deve rafforzarla. In questo caso, invece, si vuole soppiantare il Parlamento in favore di un manipolo di ‘professionisti della firma’ che possono scrivere le leggi indipendentemente da deputati e senatori. Noi respingiamo in toto questa folle riforma, quorum o meno“, ha concluso.

Sono 67 invece gli emendamenti del Pd e toccano i tre principali nodi del testo: quorum, materie oggetto del referendum, e eventuale contrasto tra la legge approvata dal Parlamento e quella proposta dal comitato promotore. Per quanto riguarda il quorum, il Pd ne propone uno mobile, pari alla metà del numero degli elettori che hanno partecipato alle ultime elezioni politiche, come prevedeva anche la riforma Renzi-Boschi bocciata dal referendum. In subordine ne propongono uno al 25% degli aventi diritto. Per quanto riguarda le materie oggetto di referendum propositivo, i democratici escludono i diritti fondamentali indicati nella prima parte della Costituzione, le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto e di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, nonché “le scelte fondamentali stabilite con legge di bilancio” e le leggi di spesa “a carico della finanza pubblica”. Gli emendamenti Pd intervengono poi sui meccanismi di indizione del referendum nel caso in cui il Parlamento abbia approvato un testo diverso da quello della proposta di legge avanzata dal Comitato promotore: innanzi tutto è la Corte Costituzionale e non il Comitato promotore a stabilire se i due testi sono difformi. Un altro emendamento stabilisce che in caso di difformità il referendum deve essere richiesto da un milione di firme.
I dem propongono poi di alzare il numero delle firme (700 mila o un milione) necessari al Comitato promotore per presentare una legge di iniziativa popolare, e propongono di allungare i tempi (da 18 mesi a 24 o 30) entro cui il Parlamento deve deliberare su di essa.

Leu ha invece presentato 20 emendamenti. “La nostra è una posizione non pregiudiziale”, ha detto Roberto Speranza, “siamo favorevoli nel principio di rafforzare l’iniziativa legislativa popolare, ma il testo della maggioranza per come è fatto squilibra il sistema pericolosamente”. Gli emendamenti di Leu propongono innanzitutto il quorum al 40 o al 45%, oppure un quorum mobile pari al 50% dei votanti alle ultime elezioni politiche. Per quanto riguarda le materie oggetto di referendum, vengono escluse quelle già vietate per il referendum abrogativo (leggi tributarie, amnistia e indulto, trattati internazionali). Inoltre nel caso in cui il Parlamento approvi un testo difforme rispetto alla proposta del Comitato promotore, è la Corte costituzionale e non i Comitato a decidere se c’è difformità nei principi e non solo formale.

Infine sono 22 gli emendamenti degli ex M5s ora nel gruppo Misto (che hanno formato ora il gruppo Sogno Italia). “Nel complesso”, ha detto l’ex M5s Andrea Cecconi, espulso per il caso di mancate restituzioni dei rimborsi, “si tratta di un buon testo, che deve essere sistemato in alcuni punti. Credo che ce la faremo vista l’apertura della relatrice”. Gli emendamenti di Cecconi innalzano il numero delle firme per presentare una legge di iniziativa popolare da 500mila a un milione. Inoltre il tempo entro il quale il Parlamento deve esaminare il testo è allungato da 18 a 24 mesi. Le maggiori proposte di modifica riguardano il punto del ddl che prevede un referendum tra il testo di iniziativa popolare e quello approvato dal Parlamento. Gli emendamenti di Sogno italia evitano un pronunciamento popolare tra i due testi prevedendo che, nel caso il Parlamento non recepisca quello di iniziativa popolare, solo quest’ultimo sia sottoposto a referendum. Nessun emendamento di Cecconi, invece, interviene sulla questione del quorum.

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