Stati Uniti e Cina sono impegnati in una durissima guerra commerciale, ma c’è anche un altro livello di questo scontro tra superpotenze: l’ambito tecnologico. Non solo smartphone o intelligenza artificiale, ma anche i supercomputer, vasti agglomerati di computer che condividono le risorse (processori, chip grafici, memoria e archiviazione) per assicurare una potenza di calcolo difficile anche solo da immaginare.

I supercomputer sono fondamentali per un paese, perché permettono di fare simulazioni in diversi settori, dal meteo (che sappiamo quanto possa incidere sull’economia) alla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas, fino ad arrivare allo studio di nuovi materiali. Le applicazioni sono sterminate, il limite è solo l’immaginazione dei ricercatori.

Per questo è interessante guardare la TOP500, una classifica che mette in fila i supercomputer per capire qual è il più veloce e come si muove la potenza di calcolo nel mondo. Dopo anni di dominio cinese, gli Stati Uniti sono tornati al vertice, con il Summit installato presso l’Oak Ridge National Laboratory (ORNL). Questo supercomputer ha una potenza massima di 143,5 petaflop (un milione di miliardi di operazioni al secondo) grazie a migliaia di processori e chip grafici, ottimi per processare informazioni in parallelo, che lavorano insieme per risolvere i compiti assegnati.

In seconda posizione c’è Sierra, situato al Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), che si ferma a 94,6 petaflop. In terza posizione ecco il Sunway TaihuLight, il primo supercomputer cinese, installato presso il National Supercomputing Center di Wuxi, con 93 petaflop, seguito dal Tianhe-2A (Milky Way-2A) con 61,4 petaflops. Il primo supercomputer europeo è il Piz Daint dello Swiss National Supercomputing Centre (CSCS) di Lugano con 21,2 petaflop.

Gli Stati Uniti possono quindi vantarsi di avere il supercomputer più potente, ma la Cina ha colmato il gap in questi anni e conta ben 277 sistemi nella classifica TOP500, il 45% del totale. Un altro segnale del fermento che pervade in lungo e in largo il grande paese asiatico, che a questo riguardo fa mangiare la polvere agli States, fermi a 109 sistemi (il 22%). I supercomputer statunitensi però sono mediamente più veloci, con una prestazione complessiva del 38%, contro il 31% della Cina.

Tra l’altro, il paese asiatico sta cercando di colmare il gap con la Silicon Valley e sta costruendo una florida industria tecnologica con aziende che progettano microprocessori e acceleratori di calcolo che seppur non ai livelli di Intel, Nvidia o altre realtà USA, stanno rapidamente evolvendo. Un giorno, non è da escluderlo, nel vostro computer potrebbe esserci un processore cinese progettato dai cinesi. L’avrete mai detto?

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