Il Tribunale per i minorenni di Torino ha dichiarato estinto il reato dei cinque ragazzi coinvolti nel suicidio di Carolina Picchio, 14 anni, avvenuto il 5 gennaio del 2013.

I ragazzi erano stati inseriti in un percorso di recupero che li ha portati a svolgere attività di aiuto e a intraprendere percorsi di consapevolezza e responsabilità che secondo le relazioni degli esperti hanno dato risultati positivi: tutti i ragazzi hanno capito di avere sbagliato. Staremo a vedere se in futuro darà loro ragione. Per adesso queste conclusioni confermano che è possibile il recupero e che è più funzionale della punizione.

E’ giusto dare alle persone che sbagliano un’altra possibilità soprattutto se sono giovani, immaturi e in grado di recuperare. Anche se quando si è direttamente colpiti, non è così facile offrirla.

Il padre di Carolina forse ci è riuscito nonostante tutto: “Carolina non me la restituirà nessuno, ma spero che i ragazzi che l’hanno perseguitata abbiano capito di aver commesso dei reati gravi e non solo delle ragazzate…”. In questi anni, deve aver avuto molto tempo per pensare, per accettare, per analizzare, per superare la disperazione, il senso di impotenza, di colpa (rispetto ai figli ci si sente sempre in colpa), di responsabilità, per non aver saputo capire, per non aver saputo prevenire.

In generale la morte di un ragazzo o di una ragazza colpisce tutti: è la perdita di tanti progetti futuri, l’inutilità di tanti sforzi passati. Quando poi un ragazzo si toglie la vita ci sentiamo, siamo, tutti responsabili: i bulli che perseguitano, i compagni che non difendono, gli adulti che non vedono, le vittime stesse che spesso non chiedono.

Perdere un figlio è inaccettabile, è una sofferenza che nessun genitore dovrebbe affrontare, ma quando accade, quello che si può fare per accettare di continuare a vivere, è trovare nella tragedia una speranza, qualcosa di positivo, è cercare di trasformarla, per quanto possibile, in qualcosa di costruttivo, è fare in modo che una perdita, ingiusta, anacronistica, non resti inutile, è trasformare il senso di impotenza in attività di aiuto, affinché certe cose non succedano ad altri, è trasformare la disperazione in qualsiasi cosa che faccia sentire ancora vicino alla figlia perduta, affinché questo dia un nuovo significato e un nuovo obiettivo alla vita cambiata.

Deve essere quello che ha fatto il padre di Carolina che in questi anni si è battuto per l’approvazione della legge sul cyberbullismo e per la nascita della Fondazione Carolina che si occupa di contrastare il cyberbullismo soprattutto attraverso la prevenzione: “E’ stato grazie a Carolina che c’è stato il primo processo per cyberbullismo in Italia, e grazie a mia figlia in Italia c’è la prima legge a livello europeo su questo tema”. Una lucida considerazione che dà alla tragedia la prospettiva di ampio respiro e, se il suo impegno permetterà di proteggere altre ragazze o ragazzi dalle persecuzioni dei bulli e ai bulli di proteggersi da se stessi, non sarà stata inutile.

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