Nel post-Brexit Londra non riserverà ai cittadini Ue un accesso preferenziale al mercato del lavoro britannico. Tutto scritto nel libro bianco sull’immigrazione, con le linee guida in tema di ingressi in Gran Bretagna dopo il divorzio dalla Ue. Avverrà alla fine del periodo di transizione post Brexit in caso di ratifica dell’accordo, o a partire dal 29 marzo del 2019 in caso di no deal. L’impegno garantito dal governo conservatore è di portare il limite degli ingressi di immigrati – che siano cittadini europei o extracomunitari, senza differenze – sotto i 100mila all’anno. Per i lavoratori altamente specializzati, che dimostreranno un salario garantito di minimo 30mila sterline all’anno, la durata del visto sarà invece di 5 anni. May, rispondendo alle domande di un deputato Tory a Westminster, ha inoltre specificato che anche nel caso di ‘no deal’ i cittadini europei residenti nel Regno Unito da prima del 29 marzo 2019 – data di attivazione della Brexit – avranno la possibilità di rimanere nel Paese con accesso ai servizi immutato. La speranza è che i paesi Ue facciano lo stesso.

Se Londra prepara le clausole del divorzio dall’Unione Europea, anche la Commissione ha presentato a Bruxelles il suo ‘piano d’emergenza’ nel caso in cui si arrivasse a una ‘hard Brexit’, ovvero all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue senza la ratifica dell’accordo raggiunto tra le due parti, che dovrebbe essere firmato a gennaio. L’esecutivo europeo, ha detto il vicepresidente Valdis Dombronvskis, ha presentato gli interventi normativi necessari per essere pronti ad affrontare lo scenario che si verrebbe a configurare nel caso in cui l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue avvenisse senza l’entrata in vigore dell’accordo raggiunto ma non ancora ratificato da Londra. Si tratta di 14 misure, ha spiegato Dombronvskis, destinate a “contenere i danni” e riguardanti molti aspetti cruciali dei rapporti tra Gb e l’Ue, in particolare per il funzionamento dei servizi finanziari, del trasporto aereo e di quello terrestre e delle dogane.

Le imprese: “Scenario no deal? Costi enormi” – L’opposizione alla Brexit, da parte tanto dei pro Ue quanto dei conservatori più radicali, rafforza la probabilità di una Brexit senza accordo. Lo scenario di ‘no deal’ è inimmaginabile per gli ambienti economici, che hanno lanciato un nuovo avvertimento al governo oggi: “Le imprese osservano con orrore che i politici si concentrano su dispute di partito piuttosto che sulle misure concrete di cui le imprese hanno bisogno”, hanno dichiarato in un raro comunicato comune le cinque principali organizzazioni degli imprenditori britanniche, sottolineando che in caso di ‘no deal’ “le imprese affronterebbero nuovi costi doganali enormi“.

Il libro bianco del Regno Unito – Il suo obiettivo è di introdurre un nuovo percorso per l’accesso ai visti di lavoro. E il freno all’immigrazione era una delle questioni al cuore della campagna elettorale per il referendum del 2016. Dai dettagli che trapelano, risulta in particolare che i lavoratori non specializzati potranno chiedere un visto della durata limitata ad un anno, cancellando così quel ‘diritto automatico’ di accesso al lavoro di cui i cittadini Ue godono al momento. Per quanto riguarda invece i lavoratori specializzati la Commissione consultiva sull’immigrazione ha indicato un reddito pari a 30mila sterline annue come soglia per consentire l’accesso a visti della durata di cinque anni, soglia che correntemente si applica a molte delle categorie di lavoratori extra Ue. Questo limite resta tuttavia oggetto di discussione per quel che riguarda l’entità del reddito che sarà richiesto. Il ministro dell’Interno Sajid Javid ha infatti fatto presente che su questo punto è importante ascoltare il mondo del business ma che comunque una soglia ci sarà.

La riduzione degli arrivi Sajid Javid ha annunciato che “sarà un sistema di immigrazione unico, basato sulle competenze che le persone possono portare e non sul loro Paese di origine”. Questo nuovo sistema di immigrazione, che porrà fine alla libera circolazione dei cittadini europei nel Regno Unito, secondo il ministro risponde all’auspicio dei britannici di “riprendere il controllo delle frontiere”. Javid ha riferito che intende riportare l’immigrazione a un livello “percorribile”, ma senza precisare cifre. Il programma del suo Partito conservatore prevede di ridurre gli arrivi a meno di 100mila persone all’anno, contro i 280mila nel 2017. Sulla Bbc, il ministro ha sottolineato tuttavia che i criteri di consegna dei visti avranno come obiettivo quello di incitare le imprese britanniche a “rivolgersi con priorità alla manodopera nazionale” e ha precisato che il salario richiesto per entrare in territorio britannico dovrà essere fissato, ma potrebbe aggirarsi intorno ai 33.300 euro.

Il sindaco di Londra: “Approccio aberrante del governo” – Questo nuovo sistema sarà applicato “per fasi” a partire dal 2021, cioè dopo il periodo di transizione post Brexit previsto dall’accordo concluso fra Londra e Bruxelles, che dovrà essere ratificato dal Parlamento britannico a gennaio. Prima ancora della sua pubblicazione, il libro bianco ha sollevato polemiche. Il sistema sanitario pubblico britannico, Nhs, ha espresso timori di incontrare difficoltà a reclutare personale se la soglia di salario minimo per i lavoratori stranieri viene fissata a 30mila sterline. “Delle competenze elevate non sono sinonimo di salari elevati”, ha dichiarato alla Bbc una dei dirigenti dell’Nhs, Saffron Cordery. “Lo stipendio iniziale degli infermieri è di 23mila sterline e quello dei medici junior di 27mila sterline”, ha spiegato. Il sindaco di Londra, il laburista Sadiq Khan, ha denunciato quello che definisce “l’approccio aberrante” del governo. “Chiudere le porte a migliaia di lavoratori europei che vogliono venire qui per ricoprire ruoli cruciali – ha detto – nuocerà alla nostra competitività”.

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