L’autonomia degli smartphone non basta mai, e sarà capitato a chiunque di restare con la batteria “a secco” prima di fine giornata. Una delle possibili soluzioni per rimediare al problema è la funzione di ricarica rapida. È la caratteristica che permette, per esempio, di tornare al 60% di autonomia residua in 35 minuti o giù di lì. Se avete tentato di usarla, vi sarete accorti di un paio di problemi. Primo, che più o meno ogni produttore di smartphone ha uno standard proprietario, secondo che non tutti gli alimentatori permettono di beneficiarne.

Facciamo chiarezza su questi due aspetti per capire come vi dovete muovere per beneficiare della ricarica veloce. Innanzi tutto, il nome: noi l’abbiamo chiamata finora “ricarica rapida” per semplicità, in realtà ogni produttore ha coniato un nome tutto suo, e questo non semplifica le cose ai non esperti. Huawei la chiama “Super Charge”, Samsung “Fast Charge”, Oppo “Super VOOC”, OnePlus ha potato per “Dash Charge”, Qualcomm per “Quick Charge”. Quando comprate uno smartphone, controllate se c’è uno standard e cosa significa.

In secondo luogo, può sembrare paradossale, ma non è detto che uno smartphone con funzione di ricarica veloce della batteria abbia nella confezione un alimentatore che supporta questa funzione. C’è quasi sempre nei prodotti al top di gamma (che costano indicativamente dai 700 euro in su). Tuttavia, iPhone XS e XS Max sono compatibili con la ricarica rapida, ma non attraverso il caricabatterie standard incluso nella confezione.

Foto: Depositphotos

 

Anche ammettendo che abbiate acquistato uno smartphone compatibile con la ricarica rapida, e che l’alimentatore in dotazione la supporti, potreste avere necessità di acquistarne uno di scorta. Per esempio, da tenere sempre in borsa e da usare fuori casa. La soluzione più semplice è andare alla ricerca di uno dei moltissimi alimentatori “compatibili” certificati Power Delivery. Si tratta di uno standard che i produttori possono integrare senza costi di licenza, presente per default in tutti i dispositivi basati sul sistema operativo Android Oreo. Questo significa che, a prescindere dallo standard proprietario adottato dal produttore, funzionerà con dispositivi Huawei, Samsung, Xiaomi (per citarne alcuni), e persino su iPhone e iPad. Se ve ne serve uno, sappiate che Amazon ne è piena, basta fare una ricerca con la parola chiave “Power Delivery”.

È da chiarire tuttavia che Power Delivery è stato lanciato con la larga diffusione in ambito smartphone in concomitanza con i connettori USB-C, gli unici con cui funziona. E non rimpiazza con la stessa efficacia gli standard proprietari. Facciamo un esempio: se avete uno smartphone Qualcomm, usando Quick Charge il sistema terrà sotto controllo la temperatura del dispositivo per evitare che si surriscaldi troppo. Con un alimentatore Power Delivery non avrete questo “plus”. Inoltre, è da mettere in preventivo che usando lo standard proprietario potrete ricaricare lo smartphone più velocemente rispetto a quanto riuscirete a fare con il Power Delivery. Ma come dice un vecchio detto milanese, “piuttosto che niente è meglio piuttosto“, quindi accontentatevi.

Anche perché il Power Delivery è un’opportunità che funziona solo sui dispositivi che hanno un connettore USB-C. Se il vostro smartphone ha un vecchio connettore micro-USB potete solo rosicare (o cambiare telefono): non potrete avere la ricarica rapida.

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