Elon Musk ultimamente ne aveva combinate di tutti i colori, passando da “genio ribelle” a semplice “ribelle”, creando non pochi problemi alla sua azienda e ai suoi investitori. A metterlo nei guai i social network, in particolare “quell’uccellino” di Twitter che lo scorso agosto gli aveva fatto scrivere del ritiro della società dalla Borsa e che, qualche settimana fa, gli aveva fatto deridere la Sec, l’autorità statunitense che vigila sui mercati finanziari: in un suo tweet, questa era diventata una “Shortseller Enrichment Commission”, ovvero commissione che arricchisce gli speculatori.

Ma a sancire la fine della sua presidenza in Tesla era bastato già il tweet sul delisting della società a 420 dollari per azione, per cui la Sec aveva intrapreso un’azione legale per frode, risolta con l’allontanamento di Musk per almeno tre anni dalla presidenza, insieme al pagamento di una multa da 20 milioni di euro (altri 20 ne dovrà sborsare la stessa azienda di Palo Alto). Diversi i nomi girati nelle ultime settimane sul presunto successore di Musk, tra i quali era spuntato anche James Murdoch, a.d. della 21st Century Fox e già parte del CdA in qualità di direttore non esecutivo: ma Murdoch tale resterà, perché la presidenza di Tesla è andata invece a Robyn Denholm, australiana, classe 1965, con un passato anche in Toyota.

Denholm è la prima donna a ricevere un incarico di presidenza nell’ambito dell’industria automobilistica (se si pensa specificatamente al ruolo, altrimenti in posizioni di rilevanza possiamo già citare Mary Barra in GM, Linda Jackson di Citroën e Annette Winkler di Smart), ma è quello tecnologico il suo vero campo d’elezione, quello in cui ha raggiunto vertici importanti. Passando per aziende come Sun Microsystems e Juniper Networks, da poco più di un mese, infatti, aveva ottenuto l’incarico di direttore finanziario e capo delle strategie per la Telstra, la prima compagnia telefonica australiana e tra le più avanzate nello sviluppo della connessione 5G. Già lo scorso anno, però, è risultata essere il direttore del board con il compenso più alto – 4,9 milioni di dollari, per il 99% sottoforma di opzioni sull’azione Tesla.

Denholm, già parte del CdA di Tesla dal 2014 come consigliere indipendente, dovrà attendere sei mesi per sedersi ufficialmente a capo di Tesla e dire addio definitivamente a Telstra – a pensarci, curioso il gioco di parole, quasi fossero l’uno l’anagramma dell’altro – ma senza lasciare il mondo hi-tech, anzi: forse sarà proprio prendendo il posto di Elon Musk che riuscirà a esprimere tutto il suo potenziale di “tech woman” (anziché “car guy”)? Del resto l’azienda californiana, grazie anche all’imprinting di follia e spregiudicatezza datogli dall’ormai ex presidente sudafricano, può offrire ottime acque in cui sguazzare, tra tecnologia e connessione avanzate.

C’è chi dice che il suo essere non particolarmente vicina a Musk, quasi “estranea”, sia stato decisivo per la sua nomina; chi invece sostiene l’esatto opposto, ovvero che Denholm sia stata scelta perché parte della cerchia intima di Musk: questo aspetto, perciò, definirebbe anche i termini in cui la donna potrebbe prendere decisioni in futuro, e cioè senza scavalcare o ostacolare il vecchio presidente. Sempre secondo gli analisti più scettici, una nomina non troppo incisiva e che sarebbe servita, quindi, solo per dare una lezione al ribelle da “marijuana&Twitter”, il quale resterà comunque a.d. della società.

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