Premessa: Portobello era una trasmissione orribile. In primo piano, la modestia dell’epoca, un presentatore defilato e la gente, quella che adesso è la gggente, la gggente che vuole andare in televisione per poter avere qualche minuto di celebrità ed essere protagonista di niente.

E poi il mercatino. Dio mio il mercatino, quella nostalgia della miseria, quel cerco, scambio, offro zavagli e badanagli e soprattutto il pappagallo. L’orrore di vedere ogni venerdì sera quel pappagallo con lo sfigato di turno che utilizza tecniche sofisticate per fargli dire “Portobello”. L’ha detto? Non l’ha detto? Lo risentiamo? Immagini terrificanti si accatastano nella memoria, immagini che uno vorrebbe cancellare e invece no. Riemergono e nel 2018 (anno favoloso) cosa succede? In tv torna Portobello.

Con mercatini dappertutto, con Ebay, Amazon, il market place di Facebook e con tutte le opportunità che ci sono, ma che senso ha riesumare Portobello? Capisco che la funzione della televisione sia quella di accompagnare i vecchi alla sepoltura, forse è l’unica giustificazione a “Portobello is back”, ma quali altri motivi ci possono essere per dare un senso a questa riesumazione?

E soprattutto c’è ancora l’orrore del pappagallo. Sì c’è il pappagallo, ma stavolta gli autori non hanno fatto i conti con un altro orrore contemporaneo: gli animalisti. Se nei fantastici anni di merda in cui andava in onda Portobello si poteva far partecipare a una trasmissione un pappagallo silenzioso senza tumulti, adesso no. Adesso il pappagallo soffre. Adesso non si può più. Adesso si scende in piazza per salvare il pappagallo dai riflettori. Adesso c’è lo spread a 300. Mai stati meglio. Pure il pappagallo.

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