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Favignana, la centrale termoelettrica nell’area marina protetta: “Da 15 anni dai rubinetti esce gasolio invece di acqua”

Nella zona, nonostante il cartello di divieto di balneazione si tuffano turisti e famiglie. Uno degli abitanti racconta: “Le chiamano terme calde ma non sanno che in parte sono tossiche”. Due anni fa la Sea, l'azienda che gestisce la centrale, aveva chiesto lo spostamento dell'impianto ma l'iter è stato bloccato dal parere negativo della Regione siciliana. L'azienda presentò un dossier che conteneva anche una relazione tecnica in cui si ricostruiva la genesi e lo sviluppo di uno sversamento che ha penetrato le “rocce permeabili” fino alla falda acquifera
Favignana, la centrale termoelettrica nell’area marina protetta: “Da 15 anni dai rubinetti esce gasolio invece di acqua”
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Bimbi che sguazzano in acque di scarto industriale e rubinetti che sgorgano gasolio dal sottosuolo. Acqua giallastra dal puzzo petrolifero che scorre nei serbatoi delle villette e abitanti costretti a comprare l’acqua dai privati. Sono i segnali di un progressivo inquinamento della falda acquifera a Favignana. l’isola dell’arcipelago delle Egadi che dagli anni Settanta è alimentata da una Centrale termoelettrica a gasolio. Da tempo meta turistica dei vip, Favignana ospita l’Area Marina Protetta più grande d’Europa.

“Ho cinque serbatoi e da quindici anni al posto dell’acqua mi arriva il gasolio”, denuncia la signora Anna Planeta, che abita al fianco della Centrale elettrica alimentata a gasolio: a dividerli è soltanto un muro. “Un giorno ho scoperto uno dei miei serbatoi pieni di una sostanza nera, sembrava catrame, chiamai i responsabili della centrale e mi dissero: Ci scusi, c’è stato un danno ma risolviamo. In una notte vennero con le ruspe e con dei tubi asportavano il liquido”.

Due anni fa la Sea, l’azienda che gestisce la centrale, aveva chiesto lo spostamento dell’impianto ma l’iter è stato bloccato dal parere negativo della Regione siciliana. All’epoca l’azienda presentò un dossier che conteneva anche una relazione tecnica, datata settembre 2014, in cui si ricostruiva la genesi e lo sviluppo di uno sversamento di gasolio che ha penetrato le “rocce permeabili” fino alla falda acquifera. “Negli anni Ottanta si è verificato un rilascio di prodotti petroliferi da un serbatoio interrato localizzato nella centrale elettrica. Nel 1984 il serbatoio è stato rimosso e si è proceduto con la rimozione del terreno impattato”. L’incidente sembrava risolto ma nel 2001 venne di nuovo “rilevata la presenza di prodotto petrolifero all’interno di un pozzo industriale localizzato all’interno della centrale”. I monitoraggi continuarono fino al 2014 e i tecnici fino all’ultimo test rilevarono “una significativa presenza di surnatante (sostanza oleosa galleggiante)”.

“Mio nonno mi raccontava di quando quest’acqua si poteva bere, adesso sentite che puzza che fa?”, dice un altro abitante della zona.“I dirigenti della centrale con me hanno ammesso tutti i loro errori”, aggiunge la signora Planeta. “Da quindici anni la società che gestisce la centrale non mi fa pagare la bolletta della luce e mi rimborsano l’acquisto di acqua dai privati ma non mi hanno mai voluto mettere nulla nero su bianco. Mio marito è molto malato, e io sono convinta che la centrale e i suoi fumi c’entrino qualcosa”.

La centrale si trova in contrada Madonna a poche decine di metri dalla costa. L’intera area è stata perforata per estrarre i campioni di acqua e monitorare la presenza degli olii. Le attività dell’impianto però non si sono mai fermate. Sono evidenti due grossi tubi neri che portano acqua industriale direttamente in mare. Qui – nonostante il cartello di divieto di balneazione – si tuffano turisti e famiglie. Uno degli abitanti racconta: “Le chiamano terme calde ma non sanno che in parte sono tossiche”.

 

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