È una storia drammatica che ha assunto toni farseschi. La storia di Gilberto Baschiera, ex direttore di una filiale della Banca di Carnia e Gemonese che in sette anni ha fatto sparire un milione di euro dai conti correnti dei clienti più facoltosi per beneficiare i meno abbienti, è stata raccontata in questi giorni in termini romanzeschi. Un novello “Robin Hood” che potrebbe essere accusato di un reato di “umanità” e che ha pagato integralmente le conseguenze perdendo lavoro, casa e patteggiando due anni di reclusione nel procedimento per appropriazione indebita e truffa. Pena poi sospesa con la condizionale per la collaborazione dimostrata durante le indagini e per non aver guadagnato un euro dai maneggi operati sui conti correnti.

Tutti gli ingredienti per la sceneggiatura di una Casa de papel in versione nostrana. Cerchiamo però di uscire dalla lettura fiabesca perché dietro questo gesto, sicuramente atipico e criminoso per la giustizia, si nascondono riflessi drammatici che investono tutto il settore bancario. Qualche riflessione, frutto anche di una chiacchierata con l’avvocato di parte Roberto Mete:

1. il signor Baschiera distribuiva “finanziamenti paralleli” alle persone bisognose non solo addebitando i conti correnti dei clienti facoltosi della banca ma anche attingendo ai conti propri della banca. E ripristinava, seppur parzialmente, gli ammanchi con le “rate” che i beneficiari pagavano a cadenza più o meno regolare senza mai far transitare un euro sul suo conto personale o di parenti/amici collusi. Tutto ciò è avvenuto per circa sei-sette anni senza che nessun organo di vigilanza della banca ne rilevasse la sussistenza. E, probabilmente, se non ci fosse stata la denuncia di qualche correntista che si accorgeva degli strani movimenti sul suo conto corrente, nessuno ancora se ne sarebbe accorto. Nelle banche italiane – e a maggior ragione in quelle di piccole dimensioni come le Bcc, mancano le competenze e la struttura organizzativa per impedire questi fenomeni. Le banche non hanno imparato nulla dai loro errori. I casi clamorosi di cattiva gestione del passato hanno prodotto tanto rumore mediatico ma poche soluzioni di fatto. I controlli interni, che avrebbero dovuto impedire i reati, sono inefficaci o addirittura assenti. 

2. Bankitalia, organo preposto alla vigilanza sugli istituti di credito “less significant”, in sette anni ha fatto qualche visita ispettiva? Come mai non si è accorta di nulla? La cronaca ha dimostrato che gli ispettori nostrani non vedono nulla. O non vogliono vedere nulla. A Bankitalia dà fastidio ciò che va nella direzione della disclosure perché la conservazione di un potere discrezionale determina la standardizzazione dei comportamenti verso quelli meno virtuosi, l’omologazione della gestione dell’azienda di credito su criteri meno efficienti. Altrimenti nessuna banca comprerebbe più titoli di Stato e si fermerebbe la relazione incestuosa fra Stato e istituti di credito: la banca compra i titoli di Stato e in cambio lo Stato – per il tramite di Banca d’Italia, Consob e commissioni parlamentari – non rompe le scatole sugli affari meno nobili degli istituti. 

3. I costi umani, professionali, economici, patrimoniali e familiari che ha pagato il signore Baschiera sono imparagonabili rispetto a quelli che, con le dovute proporzioni, non hanno (ancora) sostenuto gli amministratori delle banche autori dei disastri finanziari che hanno rovinato milioni di italiani. La magistratura in questo caso, anche grazie alla collaborazione dell’imputato, è stata velocissima. Condanna, espropriazione della casa e licenziamento. Ma per i vari Zonin & Co, che nel frattempo, hanno “distratto” e messo in sicurezza i loro patrimoni, non abbiamo riscontrato la stessa celerità. Perché in fase di indagini preliminari non sono state disposte adeguate misure cautelari personali e patrimoniali come sequestri preventivi dei beni, sequestro del passaporto, arresti domiciliari nei confronti degli amministratori delle banche? Perché i tempi  previsti per la chiusura delle indagini sono stati molto più lunghi? 

4. Il signor Baschiera operava in un territorio di poche migliaia di anime dove l’attività creditizia e di sostegno alla economia locale è fatta prevalentemente da piccole banche (bcc e popolari). Premessa necessaria per capire il contesto e per comprendere i motivi che lo hanno indotto a commettere un peccato di umanità. Ha dichiarato, infatti, al riguardo che tale attività trovava il suo fondamento causale in una sorta di ribellione “al sistema che abbandona chi ne ha bisogno”. Per questo aveva deciso di fare “giustizia” a modo suo. La sua dichiarazione – sicuramente esasperata e per certi tratti non ordinaria – ripropone per estensione il problema dell’erogazione creditizia in territori con caratteristiche e identità diverse (forse uniche) rispetto a quelli approcciati dalle grandi banche con i sistemi di rating standardizzati. È fuori di dubbio che per oltre un secolo e fino a circa diecianni fa il Credito cooperativo ha contribuito al sostegno delle micro imprese, delle famiglie e delle comunità periferiche. La riforma delle bcc e delle banche popolari, di cui parliamo da mesi, prevede invece un modello di governance miope, con un accentramento delle principali funzioni di gestione di una banca (politica creditizia in primis), che distrugge il concetto di banca del territorio. 

5. Il caso Baschiera, unitamente alle confessioni di tanti whistleblower che iniziano a testimoniare la loro frustrazione, sono il chiaro segnale di un cambiamento in atto, il manifesto delle avanguardie di un popolo di circa 330mila bancari italiani che, tranne le eccezioni di poche migliaia di dirigenti ancora motivati, iniziano a trovare il coraggio di manifestare la propria delusione, l’insoddisfazione, il disinganno. Come tutte le avanguardie, questi personaggi rappresentano il reparto che precede il grosso delle truppe, l’unità operativa che sta esplorando il campo di battaglia per aprire il varco a un esercito di soldati scoraggiati, disinteressati, sfiduciati e senza una visione rassicurante sul futuro della professione. Un’armata composta da vecchi ufficiali, esperti ma inutilizzati, che contano i mesi per arrivare allo scivolo pensionistico e a un riciclaggio in nuove avventure lavorative e da una nuova leva, inesperta e formata solo alla vendita selvaggia, mal retribuita e senza una formazione qualificata.

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