Giornata nervosa sui mercati finanziari del Vecchio Continente. Aspettando il Documento di economia e finanza italiano, gli investitori internazionali hanno preferito vendere titoli di Stato europei per riposizionarsi sugli Stati Uniti. Anche perché all’orizzonte, in Italia, non mancano scadenze importanti. Prima fra tutte l’asta per collocare i Btp che si terrà il prossimo 15 ottobre per un ammontare minimo di 9 miliardi. Dieci giorni dopo, il 26 ottobre, l’agenzia di rating Standard & Poor’s dovrà esprimere il suo giudizio sull’affidabilità dell’Italia.

Nel mezzo una serie di scadenze che Roma è tenuta a rispettare: entro metà ottobre il governo dovrà inviare a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio con le stime di spesa e di introiti per il 2019. Entro il 20 ottobre poi l’esecutivo dovrà presentare in parlamento il disegno di legge di bilancio con i dettagli delle misure da realizzare. Per fine novembre è attesa poi la risposta di Bruxelles sul Documento programmatico che però, secondo quanto dichiarato dall’esecutivo, non è in discussione. Di conseguenza la palla passerà alla Commissione che dovrà dare il suo parere sulla bozza di manovra entro fine novembre.

Roma si trova quindi ad affrontare una lunga marcia a tappe forzate. Di qui il nervosismo sui mercati finanziari italiani, dove lo spread ha aperto in calo a 274 per poi chiudere a 279,5 punti base rispetto ai 283 della chiusura di mercoledì, con il rendimento del Btp decennale che però è salito al 3,32 per cento. Le vendite hanno infatti interessato tutti i mercati europei: a metà mattinata, il decennale tedesco guidava il declino con il rendimento che ha raggiunto il massimo degli ultimi sette giorni. In peggioramento anche i titoli di Stato britannici che avevano raggiunto il livello più alto degli ultimi due anni e mezzo, esprimendo il timore degli investitori per un effetto contagio europeo legato a doppio filo con la debolezza dell’economia italiana. Dall’altro lato dell’Oceano, invece, il numero uno della Federal Reserve, Jerome Powel, non mancava di evidenziare “le prospettive straordinariamente positive dell’economia statunitense” con parole che hanno giocato a favore dei titoli di Stato americani.

L’unica consolazione della seduta è che, almeno per il momento, il differenziale fra Bund e Btp si è tenuto lontano da quota 300 punti che gli analisti finanziari considerano una soglia importante. Quanto a Piazza Affari, ancora una volta la Borsa ha concluso la seduta in lieve flessione (-0,59%) con ribassi soprattutto fra i titoli di banche e assicurazioni, le società più esposte ad al rischio di aumento del differenziale Bund/Btp. “Con lo spread che aumenta c’è un effetto di riduzione del patrimonio di vigilanza”, ha ricordato il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, a margine della 50esima Giornata del credito. “Il tema riguarda le banche perché da gennaio è stato rimosso il filtro prudenziale che sterilizzava i portafogli”, ha aggiunto spiegando che “i titoli di Stato disponibili per la vendita vengono prezzati a valore di mercato”. E hanno quindi un loro peso nei bilanci della finanza italiana: un’amara verità che gli investitori conoscono bene. Forse anche per questo, una manciata di minuti dopo le dichiarazioni di Sabatini, lo spread è risalito a quota 280 al tasso del 3,34 per cento.

Eppure il debutto di seduta lasciava ben sperare: lo spread aveva aperto in discesa nonostante, prima dell’apertura dei mercati, il vicepremier Matteo Salvini avesse dichiarato l’intenzione di andare avanti sul Def. Anche nel caso di una nuova fiammata dello spread. “La manovra guarda avanti e non torniamo indietro”, ha puntualizzato Salvini nell’intervista delle otto di mattina a Radio Anch’io su Rai radio 1. I mercati non però hanno reagito alle parole del vicepremier. O forse la risposta è stata mitigata dall’intervento, immediatamente successivo a quello di Salvini, di Massimo Garavaglia parlamentare della Lega e viceministro per l’Economia e le Finanze, ad Agorà Rai Tre: “Mica siamo degli irresponsabili. Però si inverte questa tendenza facendo una sola cosa. Quale è il problema dell’Italia? Non sono i fondamentali, abbiamo un patrimonio che è “n” volte il debito – ha spiegato il parlamentare -. Il problema è che siamo gli ultimi come crescita in Europa. La cosa che cambia rispetto alle manovre precedenti, che ci portavano direttamente ad essere ventisettesimi su ventisette, questa invece inverte la tendenza”. Garavaglia ha poi aggiunto di prevedere per il prossimo anno una crescita all’1,6 per cento, una percentuale che il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, ha definito “pura propaganda”.

Sulla questione crescita ha invece preferito non esprimersi il direttore generale di Bankitalia: “I numeri sul Def non ci sono, aspettiamo quelli e le tabelle. Lunedì ci sarà un’audizione in Parlamento e li Bankitalia darà il suo giudizio”. Dal canto suo, Confindustria si è invece detta solo “parzialmente” soddisfatta. “Vediamo una riduzione del rapporto deficit/Pil. Si inizia a parlare di crescita. Ora vedremo l’impatto su questa, nel quale il governo si gioca la sua credibilità. La politica si misura sui risultati e non sugli obiettivi”, ha dichiarato Boccia a margine della 50esima Giornata del credito.

“Tutto il complesso delle politiche europee ed italiane va discusso con calma”, ha spiegato in tarda mattinata il ministro, Giovanni Tria che intende “convincere tutti i Paesi che bisogna andare verso l’unità e la sostenibilità sociale”. In Europa “stiamo andando verso una situazione di disgregazione”, avverte il ministro, quindi “dobbiamo puntare di più sull’unità e la sostenibilità”. Non tutti sono però d’accordo: “Con questi numeri che girano, compreso il 2,4% l’anno prossimo, ci sono tutti gli estremi per fare una multa importante e mettere il Paese in procedura d’infrazione”, ha controbattuto nel pomeriggio l’ex ministro Pier Carlo Padoan al programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora. “Che voto do alla scelta del governo di fissare il deficit al 2,4%? – ha concluso – Il mio voto è qualitativo: lo boccio. Se dovessi dare un voto da zero a dieci darei un 2″: a suo avviso, “il governo ha cambiato 4 volte le cifre del deficit. Tutto questo genera incertezza, i mercati si preoccupano e sale lo spread”.

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