Il prestito ipotecario vitalizio non decolla. Per il Codacons resta uno strumento sconosciuto alla maggior parte degli italiani. “E forse potrebbe essere anche un bene”, evidenzia l’associazione dei consumatori che da tempo studia questo prodotto finanziario, rilanciato sotto il governo Renzi e dedicato agli ultrasessantenni che vogliano racimolare un po’ di liquidità. Il motivo? Se da un lato il prestito vitalizio consente agli ultrasessantenni di finanziarsi, dall’altro chiama in causa la casa di proprietà e rischia di mettere alla porta persone anziane, già alle prese con i mille acciacchi della terza età.

Non a caso, per evitare che il prestito vitalizio venga affrontato a cuor leggero, il Notariato, in collaborazione con le associazioni dei consumatori, ha pensato bene di predisporre una guida che ben presto verrà ampliata con ulteriori informazioni relative ai nuovi prodotti finanziari dedicati alla terza età. Nel Vademecum, l’associazione dei notai chiarisce innanzitutto che il finanziamento viene concesso dalla banca a chi abbia superato i 60 anni in cambio di un’ipoteca sulla casa. Il denaro dovrà poi essere restituito al massimo entro dodici mesi dalla morte del soggetto finanziato. Pena la vendita dell’immobile da parte della banca senza procedura esecutiva e con la possibilità di effettuare progressivi ribassi.

Tecnicamente, quindi, questo strumento apre le porte del credito a soggetti che, per via dell’età, ne erano tagliati fuori. Ma, come spesso accade, il diavolo è nei dettagli che sono predisposti dalle banche nei documenti informativi. Occhio quindi a tassi d’interesse, commissioni, spese per la pratica e soprattutto a meccanismi di stima del valore che portino a valutazioni degli immobili eccessivamente basse. Con queste premesse, tutti gli ultrasessantenni, proprietari di casa, potranno usare questo prodotto? In teoria si, nella pratica no: condizione inderogabile è infatti la reale commercialità dell’immobile. Per chi vive in un piccolo centro sarà davvero difficile ottenere l’ok al finanziamento da parte della banca, più propensa ad accendere ipoteche su beni localizzati nelle grandi città dove il mercato immobiliare è più dinamico. Inoltre, se la persona che richiede il prestito è coniugata, legata da unione civile o convivente more uxorio da almeno 5 anni, allora il “contratto di finanziamento deve essere sottoscritto da entrambi, anche se l’immobile è di proprietà di uno solo, purché anche l’altro partner abbia compiuto 60 anni di età”, come si legge nella guida.

Impossibile definire a priori quanto sarà lungo il finanziamento che farà riferimento, in caso di cointestazione, alla durata di vita del più longevo della coppia. Anche perché il finanziatore potrà chiedere il rimborso solo al momento della morte del soggetto finanziato. Con un’eccezione: nel caso in cui “vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento (es. diritto di usufrutto o di abitazione) sull’immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile”, come spiegano dal Notariato.

Quanto alle modalità di rimborso, la restituzione integrale potrà avvenire in due modi: senza e con capitalizzazione. Nel primo caso, gli interessi e le spese saranno pagate prima della scomparsa del finanziato, mentre il capitale sarà restituito post mortem. Nel secondo caso invece, tutta la cifra verrà rimborsata in un’unica soluzione per capitale e interessi dopo la scomparsa del finanziatore. Un esempio? Se una persona che ha 70 anni chiede un prestito vitalizio da 50mila euro ad un tasso fisso annuo del 4 per cento, quando compirà 85 anni avrà un debito da 86.500 euro. Una cifra non da poco che dovrà essere restituita con la vendita della casa dopo la sua scomparsa.

Agli eredi resterà comunque la possibilità di recuperare il bene prima che sia venduto dalla banca. Entro al massimo dodici mesi dalla scomparsa del soggetto finanziato, gli eredi potranno provvedere a rimborsare completamente il finanziamento o, d’accordo con il finanziatore, provvedere in proprio alla vendita della casa. Oltre questo termine, la banca avrà facoltà di vendere la casa, senza necessità di dover ricorrere a un’ordinaria procedura esecutiva giudiziaria, al prezzo determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore. E se, dopo la vendita, ci fosse un’eccedenza rispetto alla cifra da rimborsare per il prestito? Come spiega il Notariato, l’eventuale eccedenza andrebbe agli eredi. Ma i guai arrivano nel caso in cui ci siano difficoltà a piazzare l’immobile sul mercato: “Se entro altri 12 mesi la vendita non si sarà perfezionata, – prosegue la guida – il prezzo si ridurrà ogni anno del 15%, fino a quando la casa non sarà venduta”. Con un mercato immobiliare fermo, insomma, il rischio svendita è dietro l’angolo. In compenso la banca non potrà pretendere nulla dagli eredi nel caso in cui il ricavato della vendita, al netto delle spese sostenute, non coprisse il credito del finanziatore.

Infine, c’è anche un altro punto assai dolente: nel caso di prestito vitalizio senza capitalizzazione, se il finanziato si trova in difficoltà e non riesce a pagare gli interessi, la banca potrà chiedere la risoluzione del contratto in caso di ritardato pagamento della rata di rimborso per almeno 7 volte, anche non consecutive. In pratica, verrà applicata la stessa regola che esiste per i mutui non onorati. Di conseguenza, il soggetto finanziato dovrà restituire l’importo ricevuto e, nel caso non abbia la somma disponibile, la banca potrà rifarsi sulla casa che potrà essere messa in vendita anche prima della morte del proprietario. Un rischio non da poco per persone anziane che magari hanno bisogno di denaro per curarsi privatamente in tempi in cui la sanità pubblica arretra e la crisi avanza. “Sin dall’inizio abbiamo espresso molte perplessità verso questo strumento per via della crisi che sta peggiorando le condizioni di vita delle famiglie italiane”, sintetizza l’avvocato Gianluca D’Ascenzo, avvocato del Codacons. Che non nasconde una certa preoccupazione anche per le quotazioni del mattone italiano sempre più in sofferenza.

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