La visione del medico che insozza il lavabo del bagno dell’ospedale di Praia a Mare (Cosenza) intento a pulire le seppie fa domandare: ma chi è costui? Come può essersi ridotto così? Quanti sacrifici avranno fatto i suoi genitori per mantenerlo agli studi, offrirgli una vita degna, un lavoro importante, un ruolo sociale rilevante? Perché è finita così tragicamente la sua dignità, inghiottita nel lavabo, tra il nero di seppia e il camice bianco. E ancora: cosa ha fatto la Calabria per meritarsi un affronto così enorme alla civiltà, alle regole, ai doveri minimi ma inderogabili a cui ciascuno di noi è tenuto?

Ecco, partiamo proprio da quest’ultima domanda: i calabresi hanno fatto di tutto per respingere, denunciare, affamare i corrotti e i corruttori, hanno lottato fino alla morte contro gli indegni, hanno resistito fin che hanno potuto per difendere la propria dignità, il decoro pubblico?

Sebbene quel medico sia stato licenziato, una sanzione che sembra purtroppo una novità entusiasmante e non l’esito obbligato per quel comportamento incivile, resta pesante come pietra la domanda: cosa abbiamo fatto noi? Quante volte abbiamo visto e non abbiamo parlato, denunciato. Quante volte nelle corsie d’ospedale da cittadini siamo divenuti questuanti? Ci sembra uno sproposito esigere attenzione e cura da chi è pagato per prestare attenzione e cura. Ci sembra troppo esigere rispetto per il nostro parente ammalato e immobile. Ci hanno trasformati in clienti, cittadini senza diritti e senza dignità.

E noi abbiamo lasciato fare.

Grazie dunque a chi ha denunciato questo piccolo grande scandalo.

Perché è giusto dirlo: a cosa serve invocare il mondo nuovo se prima non cambiamo noi?

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