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Giustizia

1 Agosto 2018

Ultimo aggiornamento: 18:36 del 1 Agosto 2018

Caso Uva, i giudici d’appello: “Non si può sostenere nesso causale tra condotta imputati e morte”

di F. Q.
Così i magistrati della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di due carabinieri e sei poliziotti emessa il 31 maggio 2018. Il pg nel corso della requisitoria aveva chiesto pene fino a 13 anni
Caso Uva, i giudici d’appello: “Non si può sostenere nesso causale tra condotta imputati e morte”
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Giuseppe Uva

“Non si può individuare con assoluta certezza” che cosa abbia scatenato lo stress che, insieme ad altre concause, avrebbe provocato la morte di Giuseppe Uva, già affetto da una grave patologia cardiaca, di cui né lo stesso operaio né gli imputati erano a conoscenza. E per questo motivo non si può sostenere la sussistenza del “nesso causale” tra le condotte degli imputati e la morte dell’operaio. Così i giudici della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di due carabinieri e sei poliziotti emessa il 31 maggio 2018. 

Il pg di Milano, Massimo Gaballo, per gli imputati aveva chiesto condanne fino a 13 anni per omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato. Per l’accusa era stato provocato dalle “condotte illecite degli imputati” lo stress che fu “tra le cause, insieme a una patologia cardiaca”, della morte di Uva. Il 43enne, fermato da due militari dell’Arma mentre cercava di spostare delle transenne dal centro di Varese, fu poi portato in caserma e infine trasportato con trattamento sanitario obbligatorio all’ospedale di Circolo di Varese, dove morì la mattina successiva. Secondo Gaballo, la “costrizione fisica” a cui fu sottoposto Uva quella notte, insieme alle “lievissime lesioni riscontrate sul suo corpo”, gli avrebbe provocato quella “tempesta emotiva” in seguito alla quale si sarebbe scatenato “l’evento aritmico” e da lì la morte. Gaballo aveva chiesto di condannare a 13 anni i due carabinieri e a 10 anni e 6 mesi sei agenti.

Per l’accusa, che aveva chiesto senza successo alla corte di riascoltare i testi, il fermo di Uva insieme un altro uomo, Alberto Biggiogero (che un anno fa ha ucciso il padre), fu operato “senza che ve ne fosse la necessità” e motivato da possibili rancori con uno dei coinvolti nella vicenda come sostenuto nell’impugnazione della sentenza di primo grado. Spinto o strattonato, costretto a restare in caserma contro la sua volontà e forse fermato per vecchie ruggini Uva sarebbe morto per concause tra cui appunto il forte “stress”. Nell’impugnazione, il sostituto procuratore Generale aveva contestato l’assoluzione dei giudici varesini definendola “motivata in modo estremamente sommario“, ripercorrendo tutto il procedimento giudiziario a partire dalle perizie mediche. Invece per i giudici dell’appello hanno riconosciuto la non colpevolezza come del resto era avvenuto in primo grado con la formula “il fatto non sussiste”. 

 

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  • 00:16 - Microbioma alleato contro il mieloma: "Dieta ricca di fibre può frenarlo"

    Milano, 4 dic. (Adnkronos Salute) - Il mieloma si può combattere anche a tavola. Uno nuovo studio internazionale guidato dal gruppo di Matteo Bellone, responsabile dell'Unità di Immunologia cellulare dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano, e da Urvi A. Shah, ematologa-oncologa del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, suggerisce che "una dieta ricca di fibre e basata su alimenti vegetali può modificare" in positivo "alcuni dei meccanismi biologici in grado di ritardare la progressione verso il mieloma multiplo". Gli autori del lavoro, pubblicato su 'Cancer Discovery', indicano che "intervenire sull'alimentazione può trasformarsi in un 'interruttore biologico' capace di influenzare metabolismo, immunità e flora batterica intestinale".

    "Per la prima volta abbiamo dimostrato che un intervento nutrizionale strutturato può incidere sui meccanismi alla base della progressione del mieloma", spiega Bellone. "La maggior parte dei pazienti che presentano condizioni pre-mielomatose - aggiunge Shah - vengono semplicemente monitorati e questo può generare molta ansia. Il nostro studio è il primo a dimostrare che un'alimentazione ricca di fibre e prevalentemente vegetale può migliorare la salute dell'intestino, il metabolismo e la funzione immunitaria in questi pazienti, e potrebbe contribuire a rallentare la progressione verso il mieloma. Sapere che un semplice cambiamento alimentare a basso rischio può fare la differenza può essere davvero incoraggiante.

    Il mieloma multiplo - ricordano dall'Irccs del Gruppo San Donato - è un tumore del sangue che colpisce ogni anno più di 160mila persone nel mondo e circa 5mila in Italia. Quasi sempre nasce da due condizioni precancerose, Mgus (gammopatia monoclonale di significato incerto) e Smm (mieloma multiplo asintomatico), che interessano oltre il 5% della popolazione sopra i 50 anni. Sono stati definiti 'stati di attesa biologica' perché non provocano sintomi, ma possono evolvere nel corso degli anni in un mieloma conclamato. Capire come rallentare questa evoluzione è una delle sfide più urgenti della ricerca ematologica. Già nel 2018 il gruppo di Bellone aveva firmato una delle prime scoperte che collegavano il microbioma intestinale alla progressione del mieloma. All'epoca, lo studio mostrò come determinati batteri fossero in grado di alimentare processi infiammatori e immunitari che accelerano la malattia. Quel lavoro ha gettato il seme per l'intero filone di ricerca: "Se il microbioma può spingere la malattia in avanti, forse può anche frenarla", è l'intuzione da cui è nato il nuovo studio che ha visto scienza clinica e biologia sperimentale convergere su un'unica domanda: può la dieta diventare uno strumento terapeutico?

    La sperimentazione clinica denominata 'Nutrivention', monocentrica e a braccio singolo, guidata da Shah al Memorial Sloan Kettering, ha coinvolto 23 persone con Mgus e Smm e con un indice di massa corporea elevato, che per 12 settimane hanno seguito una dieta ricca di fibre e a prevalenza vegetale senza alcuna restrizione calorica. L'obiettivo non era mangiare meno, ma mangiare diversamente, privilegiando frutta, verdura, legumi, cereali integrali. Contrariamente a quanto ritenuto finora - sottolineano gli autori - lo studio ha dimostrato che una dieta ricca di fibre non solo è sostenibile, ma provoca anche fastidi limitati e ben tollerati. Un risultato che ha convinto oltre il 70% dei pazienti a proseguire il nuovo regime dietetico ben oltre le 12 settimane.

    I dati, ottenuti grazie anche a un diario alimentare compilato dai partecipanti allo studio - riferisce una nota del San Raffaele di Milano - hanno mostrato che, gradualmente, l'organismo sembra tirare il freno. Il peso corporeo si riduce, la sensibilità insulinica migliora, l'infiammazione si attenua e la flora batterica si arricchisce di specie capaci di produrre butirrato, una molecola nota per le sue proprietà antinfiammatorie e antitumorali. Anche se lo studio non era disegnato per fornire informazioni sull'andamento della malattia, negli 8 pazienti valutabili per questo parametro la traiettoria della componente monoclonale (M-spike), il principale indicatore di progressione da una condizione precancerosa a una di mieloma multiplo, si è stabilizzato e in 2 pazienti è addirittura migliorato. "E' come se la malattia, abituata a correre lentamente, ma inesorabilmente, avesse trovato un ostacolo imprevisto sul percorso", commenta Bellone.

    Il cuore della ricerca guidata dallo scienziato - svolta principalmente da Laura Cogrossi, all'epoca dello studio dottoranda all'università Vita-Salute San Raffaele e ora al Cancer Research UK Manchester Institute - è stato non solo mostrare che la dieta di per sé cambia i parametri clinici associati con la progressione della malattia, ma anche spiegare perché lo fa. Nei laboratori del San Raffaele i ricercatori hanno alimentato dei modelli murini con una dieta ad alto contenuto di fibre e monitorato nel tempo ciò che accadeva nel loro organismo. Hanno così osservato che la dieta ricca di fibre ha modificato la composizione del microbioma intestinale dei topi, aumentando in particolare la produzione di acidi grassi a catena corta come il butirrato. Queste molecole hanno ridotto l'aggressività della malattia nel modello animale, mentre hanno rallentato la proliferazione delle cellule tumorali in coltura, un modello in vitro della patologia. La dieta ha inoltre rimodellato le caratteristiche delle cellule immunitarie nel midollo osseo (sede d'origine del mieloma multiplo) degli animali, reindirizzandole verso un'azione potenzialmente antitumorale. Grazie a questi cambiamenti, nei topi l'evoluzione verso il mieloma conclamato veniva drammaticamente posticipata.

    Analizza Bellone: "E' come se il microbiota, riprogrammato dalla dieta, avesse modificato l'intero microambiente tumorale, rendendolo meno favorevole alla proliferazione delle cellule di mieloma e più capace di sostenere una risposta immunitaria efficace. Una possibile spiegazione è che le molecole come il butirrato, prodotte dai batteri intestinali con la fermentazione delle fibre, abbiano raggiunto il midollo osseo dove potrebbero aver reindirizzato il comportamento delle cellule immunitarie verso un'azione antitumorale e rallentato la proliferazione delle cellule maligne. Una sorta di effetto a cascata: dal cibo al microbioma, dal microbiota al sistema immunitario, dal sistema immunitario al tumore".

    Alla luce di questi risultati si aprono nuovi orizzonti: studi clinici più ampi, interventi personalizzati e possibili combinazioni tra dieta e terapie già esistenti. Quello suggerito dai ricercatori "è un approccio che non sostituisce i trattamenti oncologici - puntualizzano - ma potrebbe affiancarli, accompagnarli e persino potenziarli, agendo su un terreno biologico spesso trascurato: lo stile di vita". In questo contesto è stato attivato in Italia un nuovo studio clinico multicentrico, di cui il San Raffaele è capofila con Tommaso Perini dell'Unità di Ematologia e Trapianto di midollo osseo, per ampliare e corroborare i risultati del lavoro. Il progetto si inserisce nel quadro delle attività del Comprehensive Cancer Center del San Raffaele, che integra ricerca, clinica e innovazione tecnologica per accelerare la traslazione dei risultati scientifici ai pazienti. Con il nuovo studio, sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, gli scienziati si propongono di dimostrare che diete a base vegetale alterano significativamente il microbiota intestinale, aumentando la produzione di acidi grassi a catena corta nei pazienti con Smm, a prescindere dal peso corporeo.

    "Il nostro obiettivo - conclude Bellone - è trasformare un gesto quotidiano, come mangiare, in uno strumento di prevenzione scientificamente solido. E' una strada che richiede rigore, ma che può cambiare la qualità e la prospettiva di vita di migliaia di persone". La ricerca pubblicata su 'Cancer Discovery' è stata supportata, oltre che dall'Airc, anche da Blood Cancer United, Paula and Rodger Riney Foundation, National Institutes of Health - Nih, Parker Institute for Cancer Immunotherapy, International Myeloma Society, Swedish Research Council, e da ulteriori fondi istituzionali e collaborazioni accademiche internazionali.

  • 19:50 - Caso Garlasco: perizia non spegne battaglia su Dna, punti pro e contro Sempio/Adnkronos

    Milano, 4 dic. (Adnkronos) - Un Dna compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio, ma il cui risultato non è un dato scientifico attendibile. La perizia affidata, nell'ambito dell'incidente probatorio, alla genetista Denise Albani non fornisce risposte certe sulla nuova indagine sul delitto di Chiara Poggi e la battaglia tra le parti - in merito alla traccia genetica trovata sulle unghie della vittima - è pronta a riaccendersi dell'omicidio del 13 agosto 2007 a Garlasco. Le posizioni restano distanti, tanto che a leggere i commenti dei difensori del condannato Alberto Stasi e del nuovo indagato si ha l'impressione che le relazioni consegnate siano differenti. In oltre 90 pagine l'esperta poliziotta mette in fila gli elementi di partenza, chiarisce la metodologia utilizzata e fornisce le sue conclusioni.

    Unghie. Sono nove i margini ungueali della vittima che erano stati conservati: cinque della mano destra e quattro della sinistra. Per la perita l'attribuzione singola dei margini "non è verosimilmente riconducibile alla certa distinzione anatomica delle cinque dita in quanto tutti i margini ungueali di ogni singola mano sono stati inseriti all’interno del medesimo contenitore". In sintesi non è possibile indicare con certezza su quale dito preciso c'è presenza di Dna maschile. I Ris di Parma nel 2007 avevano escluso la presenza di materiale biologico sotto le unghie e l'inchiesta che ha portato alla condanna di Stasi ritiene che la vittima non si sia difesa.

    Perizia De Stefano. L'esperta Albani critica alcune metodologie utilizzate dal perito Francesco De Stefano e condivise con i consulenti di Stasi e Poggi. Un'analisi che portò a consumare tutti i margini ungueali della vittima per poi decretare che quei due Dna maschili misti non erano attribuibili all'imputato Stasi. Sempio, nel 2014, non era neppure un sospettato. Per l'attuale perita il cui approfondimento si è svolto 'sulla carta', "non è possibile" considerare le tre sessioni di tipizzazione Y fatte da De Stefano come repliche con il "limite oggettivo di non possedere alcun risultato consolidato". Le procedura adottate "hanno di fatto condizionato le successive valutazioni" perché non hanno consentito di ottenere un risultato "che fosse certamente affidabile e consolidato o, diversamente, certamente non interpretabile perché caratterizzato da artefatti".

    Conclusioni Albani. Il cromosoma Y non consente di arrivare all'"identificazione di un singolo soggetto" è la premessa. In questo caso si tratta di "aplotipi misti parziali" trovati sulle unghie di Chiara Poggi - uno riconducibile alla linea paterna di Andrea Sempio e uno ignoto - per i quali "non è possibile stabilire con rigore scientifico" se quel risultato deriva da un materiale biologico "depositato sotto o sopra le unghie della vittima" e "da quale dito" provengano. Né si può dire se la traccia è dovuta a "contaminazione" o "per trasferimento diretto o mediato" e ancora "quando" è stata lasciata. Qualsiasi valutazioni, di fronte alle "rilevanti criticità" dei risultati, sarebbero "suggestive" vista l'assenza "di dati scientifici granitici" scrive la perita. Resta quindi valida l'ipotesi, che già nel 2017 portò all'archiviazione, che Sempio abbia trasferito il suo Dna su un oggetto di casa Poggi, oggetto (non lavato) utilizzato in un altro momento dalla sorella dell'amico Marco.

    Compatibilità. L'utilizzo di uno specifico software - utilizzato dalla difesa Stasi e dai consulenti della Procura di Pavia - è la vera novità della perizia. Una procedura di cui la Albani critica per le "limitazioni in termini di conoscenze e applicativi attualmente disponibili nella comunità scientifica internazionale", tra cui l'assenza di un database "che contempli la popolazione locale d'interesse". Per la legge dei numeri se ne ricava che l'ipotesi che Sempio (e i soggetti imparentati con lui per via patrilineare) abbia contribuito alla traccia trovata su un'unghia della mano destra di Chiara "è approssimativamente da 476 a 2153 volte più probabile" rispetto a quella che la traccia appartenga a due ignoti. Tali valori si traducono in un supporto che va "da moderatamente forte a forte (sulla base della popolazione di riferimento)". La stessa ipotesi "è approssimativamente da 17 a 51 volte più probabile" per la traccia trovata sull'unghia sinistra, valore traducibile "in un supporto moderato".

    Impronte in casa. Nessuna impronta, né traccia di Dna di Andrea Sempio è emersa dall'incidente probatorio. "Da tutti i prelievi realizzati sugli acetati (sessanta, ndr), risultati negativi alla ricerca di sostanza ematica umana, non è stato estrapolato alcun profilo genetico utile a fini identificativo- comparativi" sono le conclusioni di Denise Albani, commissario capo tecnico biologo della Polizia di Stato. Le tracce sul tappetino del bagno sono riconducibili al padre della vittima, Giuseppe Poggi, altre non sono utili o troppo degradate. L'analisi sul sacchetto dei cereali o sui vasetti di fruttolo hanno restituito il Dna della vittima, mentre sulla cannuccia Estathè è stato estrapolato un profilo genetico maschile: è "estremamente forte l'ipotesi che Alberto Stasi abbia contribuito al profilo genetico estrapolato dal prelievo biologico".

  • 19:24 - Papa: incontra Benigni e vede estratti monologo su San Pietro 'che bello, parla di amore'

    Roma, 4 dic. (Adnkronos) - Questo pomeriggio al Palazzo Apostolico Papa Leone XIV ha incontrato Roberto Benigni insieme a Giampaolo Rossi, amministratore delegato della Rai, e a Simona Ercolani, ceo e direttore creativo di 'Stand by Me', produttrice, insieme a Vatican Media, del monologo “Pietro un uomo nel vento”, che sarà trasmesso da Rai1 il prossimo 10 dicembre in prima serata, e che è stato presentato questa mattina in anteprima mondiale alla stampa al MAXXI di Roma.

    Il Papa ha visto alcuni estratti del monologo: “Che bello, parla di amore”, ha commentato al termine. Durante l’incontro, prima della proiezione, il Papa e Benigni hanno parlato di cinema e de “La vita è bella”, che il Papa ha elencato fra i suoi quattro film preferiti, e di “La vita è meravigliosa” di Frank Capra. Il Papa e Benigni hanno parlato della vita di San Pietro, di Dante e di Sant’Agostino, della Divina Commedia e delle Confessioni.

    All’incontro hanno preso parte anche il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, il direttore di Vatican Media, Stefano D’Agostini, e alcuni collaboratori di Benigni.

  • 18:48 - Aceti (Salutequità): "Insostenibile il finanziamento Ssn, aggiornare strategia"

    Roma, 04 dic. - (Adnkronos) - “È ormai diventato insostenibile continuare a finanziare il Servizio sanitario nazionale con risorse importanti pari, nel 2026, a circa 142 miliardi, in una modalità che potremmo definire ‘per inerzia’ sulla base di vecchi modelli, vecchie situazioni e priorità, che non rispondono più alle necessità attuali del contesto epidemiologico, sociale, economico e politico. E’ necessario, pertanto, aggiornare la strategia del Servizio sanitario pubblico”. Lo ha detto Tonino Aceti, presidente di Salutequità, in occasione dell’evento di presentazione, a Roma, del report ‘La programmazione sanitaria per l’equità’, condotto da Salutequità.    

    La strategia attuale “non viene aggiornata dal 2006-2008 - spiega Aceti - L'ultimo Piano sanitario nazionale, infatti, risale a queste date, così come l'ultimo Patto per la Salute del 2019-2021, è in proroga. Abbiamo bisogno, invece, di una vision che guardi alla realtà vera, quella vissuta dai cittadini e che affronti le priorità”. La prima “è la non autosufficienza”. Ci sono poi “le demenze e i nuovi modelli professionali e organizzativi”. Per garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, secondo l’esperto, dovrebbe essere valorizzato “al meglio tutto ciò che si intende per Sanità digitale: telemedicina, teleassistenza e intelligenza artificiale. Sono tutti aspetti che non stiamo governando, ma stiamo gestendo in modo molto frammentato - sottolinea - Abbiamo bisogno di una visione d'insieme, di una regia e di un pensiero profondo che sia in grado di guidare questo processo di trasformazione del Ssn, da mettere in campo a stretto giro, altrimenti ne va dell'accesso equo alle cure e anche la sostenibilità del Ssn”.

    Secondo il presidente di Salutequità, in Italia vi è “un’enorme frammentazione della programmazione sanitaria regionale. Ci sono Regioni che hanno Piani sanitari, altre che dispongono di Piani sanitari e sociali, altre, ancora, hanno i Piani aggiornati, altre no. Ci sono Regioni che hanno Piani sanitari vecchi o che proprio ne sono sprovviste - elenca Aceti - Pertanto, tale frammentazione necessita di un'armonizzazione e di una strategia unitaria: il Piano sanitario nazionale. E’ necessario, quindi, che tutti gli attori istituzionali partecipino alla pianificazione del Piano, coinvolgendo le Regioni, il ministero, il Parlamento e tutti gli stakeholder del Ssn, a partire dalle associazioni di cittadini e di pazienti. Oggi abbiamo bisogno che la strategia del Servizio sanitario pubblico passi in modo significativo dal Parlamento - non come gli ultimi Piani sanitari nazionali, dove ha solo espresso pareri, anche non vincolanti - Diamo, quindi, all'organo sovrano la sovranità di decidere che sanità pubblica vogliamo avere per i prossimi anni”, conclude. 

  • 18:48 - Mennini: "Necessario correlare programmazione sanitaria a equità"

    Roma, 04 dic. - (Adnkronos) - “La programmazione sanitaria è l'elemento distintivo e fondamentale per garantire l'efficacia e l'efficienza di un Sistema sanitario nazionale come il nostro. Però, la programmazione sanitaria deve essere anche correlata al concetto di equità, perché l'equità esprime la valutazione in merito alla distribuzione, tanto dei costi quanto dei benefici, tra i diversi individui o gruppi sociali all'interno del Paese”.  Così Francesco Saverio Mennini, capo dipartimento della Programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale del ministero della Salute, intervenendo, in un videomessaggio, alla presentazione, a Roma, del report ‘La programmazione sanitaria per l’equità’, condotto da Salutequità. “

    E’ necessario creare e organizzare un Ssn che preveda l'erogazione di un numero di servizi variabile in funzione ai bisogni, in modo da garantire la medesima accessibilità all'assistenza sanitaria e provvedere anche a un uguale livello di salute per tutti i cittadini che insistono sul nostro territorio nazionale. Per fare questo - spiega Mennini - c'è bisogno di un modello di programmazione come quello messo in piedi all'interno del ministero della Salute, che parte, innanzitutto, dalla definizione delle risorse. Con grande orgoglio voglio sottolineare il fatto che in questi 3 anni siamo riusciti a garantire un finanziamento del Ssn con delle risorse così ingenti che mai si erano viste nel passato”.    

    Tuttavia, “le risorse da sole non bastano -a verte l’esperto - E’ necessario allocarle in modo corretto”, per questo “è necessario definire i bisogni e i fabbisogni reali della popolazione. Ciò che abbiamo fatto è condividere un modello di definizione di bisogno” per “essere in grado di capire le esigenze fondamentali, per quanto riguarda la popolazione che insiste sul territorio nazionale. La conseguenza logica di questo approccio è stata la definizione dei Livelli essenziali di assistenza, quindi le priorità per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e i servizi, da garantire ai cittadini all'interno del Ssn”.

    Oltre a un “aggiornamento costante dei Lea”, per tenere il passo “delle novità che ogni anno si registrano a livello di nuove tecnologie e dei nuovi modelli di cura, organizzazione e gestionali”, una volta “definito il bisogno, il fabbisogno e gli standard di erogazione dei Livelli essenziali - aggiunge Mennini - diventa fondamentale anche allocare le risorse nella maniera più corretta possibile. Come si è potuto vedere negli anni passati, anche nell'ultima Legge di Bilancio, tutte le risorse già esistenti, ma anche quelle aggiuntive, sono state tutte finalizzate per obiettivi specifici, rispondenti ai bisogni e ai fabbisogni reali della popolazione e a quelli emersi dal modello di definizione del bisogno sviluppato all'interno del ministero della Salute”.   

    Tutto questo percorso, “necessita di un ulteriore intervento importante per far chiudere questo cerchio ideale della programmazione sanitaria - chiarisce l’esperto - Bisogna preoccuparsi anche di monitorare tutto ciò che si è fatto e ciò che si sta facendo, valutare e misurare le performance, grazie al nuovo sistema di garanzia” che permette di “individuare, quasi in tempo reale, le inefficienze del Sistema e correggerle, permettendo di garantire, nel miglior modo possibile, un accesso equanime alle cure di tutti i cittadini, ma soprattutto un modello omogeneo di presa in carico dei pazienti per tutelare la loro salute e, allo stesso tempo - conclude - garantire anche l'efficienza del Sistema stesso”.

  • 18:31 - Tabacco, De Carlo (FdI): "Fronte comune sulla Pac in Parlamento a sostegno agricoltori"

    Roma, 4 dic. - (Adnkronos) - "La prima cosa da fare per sostenere gli agricoltori è un fronte comune, anche all’interno del Parlamento. È in arrivo una risoluzione sulla Pac (la Politica agricola comune della Ue), di cui sono relatore e che ho condiviso con tutti i gruppi politici, proprio raggiungere con una posizione netta e chiara a supporto del Governo contro la proposta europea di una Pac depotenziata e di un fondo unico”. Lo ha detto Luca De Carlo, presidente della commissione industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione del Senato, partecipando oggi a Roma all’incontro ‘Crescita sostenibile e competitività del Made in Italy: opportunità e sfide per le nostre filiere’.

    Per De Carlo è importante analizzare "quei dati e riscontri che dimostrano l’assurdità di arretrare proprio mentre Stati Uniti e Cina investono massicciamente sull’agricoltura. La filiera del tabacco è una delle filiere che ha funzionato meglio - sottolinea - È la dimostrazione che un sistema che mette insieme tutti gli anelli della catena è un sistema vincente. Dobbiamo continuare a esportarlo". "L’Italia è la nazione delle filiere - conclude - possiamo puntare sulla nostra straordinaria qualità grazie al legame tra chi produce, chi trasforma e chi vende”.

  • 18:31 - **Antisemitismo: Boccia, 'ddl Delrio sua iniziativa, non è posizione Gruppo e partito'**

    Roma, 4 dic. (Adnkronos) - “Il Gruppo del Pd al Senato non ha presentato alcun disegno di legge in materia di antisemitismo. Il senatore Delrio ha depositato, a titolo personale, il ddl 'Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dell’antisemitismo' che non rappresenta la posizione del Gruppo né quella del partito”. Così il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia.

Adn Kronos www.adnkronos.com
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