La fusione tra Ferrovie dello Stato e Anas “è certamente sbagliata perché è stata fatta senza capire perché”. A dirlo è il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli a margine di un convegno alla Camera. Una presa di posizione che si inserisce nel solco di quelle già espresse dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il leader leghista, in un’intervista al Corriere della Sera, aveva detto infatti di ritenere che “chi fa i treni deve fare i treni e chi si occupa di strade deve fare le strade, però ne parleremo”. Parole che fanno eco a quelle di Di Maio: “Le Ferrovie già hanno abbastanza problemi a fare il loro lavoro, unendosi non funzionano più né le Ferrovie, né l’Anas”, ha spiegato il ministro del Lavoro su La7. Ma alla domanda se si tornerà indietro il titolare del Mit preferisce non rispondere.

Il matrimonio tra Anas e Fs è stato siglato in fretta e furia sabato 23 dicembre 2017, dagli allora ministri del Tesoro e dei Trasporti, Pier Carlo Padoan e Graziano Delrio, dopo mesi di incertezze. Il gruppo Anas-Ferrovie è nato così a fine 2017 con un aumento di capitale da 2,86 miliardi mediante conferimento dell’intera partecipazione Anas detenuta dal ministero dell’Economia, contando su un fatturato di 11,2 miliardi. Ma presto si è scoperto che l’unione con Anas ha portato in casa Fs un’azienda dissestata, con problemi nel bilancio. Anas è stata infatti inglobata da Fs con un patrimonio ufficiale di circa 2 miliardi e 800 milioni di euro, quando in realtà il patrimonio effettivo era appena tra i 600 e gli 800 milioni. Una bazzecola di fronte agli impegni finanziari che la società delle strade deve sostenere per far fronte al colossale contenzioso con le ditte di costruzione e i fornitori accumulato nel corso degli anni e che ammonta alla bellezza di 9 miliardi di euro.

Ora si valuta la possibilità di un dietrofront. Per il perfezionamento dell’operazione, infatti, mancherebbero alcuni passaggi che il governo Lega-Cinquestelle non avrebbe ancora portato a termine ma che anzi, non sembra affatto intenzionato a compiere. Ma nel mirino del ministro dei Trasporti c’è anche la Tav: “Quando è nata se ci fosse stato il M5s al governo, non sarebbe mai stata concepita in questa maniera, così impattante, così costosa”, ha detto Toninelli a Radio1, condannando “fermamente le proteste incivili soprattutto perché limitano l’espressione delle proteste civili”. Il nostro obiettivo, ha precisato il ministro, “sarà quello di migliorarla, così come scritto nel contratto di governo. Non vogliamo fare nessun tipo di danno economico all’Italia ma vogliamo migliorare un’opera che è nata molto male“.

Sul Tav, Toninelli si trova però a dover bilanciare la posizione favorevole degli alleati di governo con quella nettamente contraria interna al suo partito. “I dati parlano chiaro – ha detto in una nota Francesca Frediani, Consigliere Regionale M5S Piemonte – la saturazione della linea esistente, presupposto per la realizzazione della nuova linea, non è mai stata raggiunta. L’approfondimento annunciato dal ministro dei trasporti Toninelli è un atto che servirà a rivalutare o a fermare un’opera che costituisce un enorme spreco di risorse pubbliche. Noi non abbiamo dubbi sull’esito di questa analisi”.

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