Il movimento parte dal centro delle periferie, dal comune di Nuoro, Sardegna dell’interno. Meno di 40mila abitanti, il comune più indebitato dell’isola. Con chi? Soprattutto con la Cassa depositi e prestiti, la cassaforte del risparmio postale degli italiani controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Alla cifra in conto capitale, 38 milioni di euro per 162 mutui, si devono aggiungere 26 milioni di conto interessi. Totale: 67 milioni, oltre un terzo dei debiti dei comuni sardi che arrivano a 230 milioni. Non è un caso isolato, la scena si ripete in tutta Italia: dalle grandi città come Roma e Torino ai piccoli centri di poche centinaia di abitanti. A livello nazionale “l’incidenza media del debito (restituzioni e interessi) sulle spese correnti comunali è altissima – spiega l’Anci, Associazione nazionale comuni italiani – intorno al 12%, con punte che superano il 25%, e risulta particolarmente gravosa per gli enti di minor taglia demografica”, come per esempio Nuoro. Una situazione che, come sottolineato di recente dall’assessore al Bilancio di Milano Roberto Tasca in un commento su Il Sole 24 Ore, rischia di minare la capacità di offrire servizi ai cittadini. E dell’esigenza di una legge di riordino economico in favore dei comuni indebitati ha parlato anche il presidente della Camera Roberto Fico a metà giugno.

Debiti, mutui e l’eredità scomoda degli espropri ai privati
I debiti miliardari dei Comuni italiani spesso risalgono a decine di anni fa. Una delle voci principali dell’indebitamento è quella legata agli espropri ai privati, o meglio ai contenziosi e arbitrati che ne sono derivati, con sentenze avverse. Insieme all’espansione urbanistica, dagli anni Cinquanta in poi, è scattata infatti la necessità di costruire infrastrutture: strade, gallerie, zone industriali, spazi sportivi. A Nuoro, per esempio, sono stati fatti espropri per realizzare la circonvallazione, l’asse attrezzato, la galleria Mughina: soprattutto le strade di collegamento, insomma. Esigenze collettive – commissionate da Stato e Regione – da anteporre al diritto di proprietà privata che in quegli anni era pagato, secondo la legge italiana, con indennità irrisorie. Ben lontane dalle cifre di mercato. Nel frattempo, però, qualcosa è cambiato. E nel 2000 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dato un giro di vite sancendo che l’esproprio, in molti casi, non è compatibile con il diritto dell’Ue, in particolare con la Carta europea dei diritti dell’uomo, che difende la proprietà privata. E così i Comuni per far fronte alle controversie e alle spese hanno dovuto accendere mutui con tassi di interesse altissimi rispetto alla media attuale: 5-7 per cento. Interessi fissi spesso non rinegoziabili.

Il caso Nuoro, la Sardegna e l’appello condiviso
Qualche giorno fa i sindaci della Sardegna hanno fatto fronte comune e chiesto anche un intervento della Regione: un piano triennale da sessanta milioni senza che vengano toccati i soldi del Fondo unico, destinati a tutti. La proposta è stata portata avanti dal primo cittadino di Nuoro, Andrea Soddu, già presidente del Consiglio delle autonomie locali, e condivisa dal presidente dell’Anci Sardegna, Emiliano Deiana. La richiesta è di rifinanziare leggi specifiche già esistenti, del 2001, del 2002, del 2012 ma al momento senza fondi. Tra i sindaci che hanno aderito quelli di Quartu Sant’Elena – terza città per numero di abitanti – Guasila, Benetutti, Tempio Pausania e del minuscolo Aggius, in Gallura. Non aiuta nemmeno il bilancio armonizzato che prevede l’istituzione dei fondi per bloccare la spesa e tra questi c’è il fondo rischi da contenzioso che il comune deve parametrare alle cause in corso. “Se lo facessero, dovrebbero tutti dichiarare il dissesto – sostiene Soddu – e questo vorrebbe dire dichiarare la morte della democrazia”.

L’estinzione con cortocircuito: il fondo statale per pagare la penale statale
Se salta la possibilità di rinegoziare il mutuo con la Cdp c’è invece quella di estinguerlo. Di più: da due anni esiste addirittura un fondo statale – assegnato dal Decreto Dg Finanza Locale – destinato proprio ai Comuni e agli enti indebitati, per pagare le penali. Perché l’estinzione, e il passaggio ad altri istituti con condizioni più favorevoli, non è indolore. Per esempio nel caso di Nuoro, che ha già dato mandato alla giunta attraverso il Consiglio comunale di tentare questa strada, la penale vale quasi nove milioni di euro (esattamente 8.728.328,73). Per pagarla è previsto un contributo di due milioni e mezzo (2.563.064,26 milioni di euro): una dotazione concessa tramite apposito bando ministeriale “inferiore soltanto a quella dei Comuni di Roma, Genova e Milano’’, così si legge nei documenti. Ma i soldi – pubblici – per aiutare a estinguere e pagare la penale – pubblica, della società controllata dal Tesoro – non bastano per tutti. E la coperta resta corta.

Articolo Precedente

Tria: “Rischi moderata revisione al ribasso stime Pil 2018. Studieremo flat tax in quadro coerente di spesa”

next
Articolo Successivo

Atene: capitale umano in fuga, palazzi cadenti, negozi chiusi e molti espedienti. Cosa resta dopo il passaggio della Troika

next