È il “cinghiale randagio” che rovista nei cassonetti l’ultima frontiera della “fattoria Roma”. Claudia Daconto, giornalista ed esponente renziana del Pd, ha reso virale la foto di alcuni suini che rovistavano nell’immondizia abbandonata ai bordi di alcuni cassonetti in una via del quartiere Monte Mario. Un’immagine non proprio inedita nella Capitale, specie sul fronte nord-ovest, dove ogni giorno i cinghiali escono dal parco dell’Insugherata e si avventurano per le strade in cerca di cibo, rischiando anche di provocare incidenti. Il Partito Democratico ha ovviamente sfruttato la sortita della sua esperta di comunicazione per attaccare la sindaca Virginia Raggi, ma dagli esponenti del M5S è partito il solito contrattacco: “È colpa della Regione Lazio e di Nicola Zingaretti”.

IL PIANO DI CONTENIMENTO NON FUNZIONA – Dove sta la verità? La questione merita un fact-checking, e le responsabilità – che come al solito sono condivise – forse stavolta pendono un po’ di più sul groppone regionale. Che il Comune di Roma debba assicurare la pulizia minima delle strade, al di là di qualsiasi tasso di inciviltà – la querelle Comune-Regione relativa alla raccolta dei rifiuti va avanti da due anni – è un fatto conclamato e che gli animali (i suini come i gabbiani e i topi) siano attratti dal cibo lasciato a marcire in strada appare piuttosto evidente. Ma da dove arrivano quei cinghiali? “Sono migliaia e vagano ormai senza controllo nella Riserva Naturale dell’Insugherata”, spiega David Granieri, presidente di Coldiretti Lazio, parlando dell’area verde protetta di 740 ettari posta nel quadrante nord-ovest della città. Il parco è gestito interamente da Roma Natura, un ente della Regione Lazio, che già da qualche anno avrebbe dovuto applicare un piano di contenimento per evitare che gli animali vadano “a caccia” nei centri abitati. “Invece i romani se li ritrovano nei giardini”, dice Granieri. “Il piano c’è ma non funziona. Andrebbero abbattuti, oppure catturati e spostati, o ancora castrati”. Insomma, “sono troppi ed è normale, sporcizia o meno, che evadano dal parco”. Dalla Regione Lazio – che ha anche un assessorato per la caccia e la pesca – spiegano che “è vero che il parco è di competenza di Roma Natura, ma spetta al Comune pulire le strade” e che “se teme per la salute pubblica, la sindaca ha la possibilità di fare un’ordinanza di cattura e abbattimento”.

I COSTI DEI CINGHIALI – Cattura?  E come si fa? “Catturare un cinghiale costa 1.000 euro”, dice ancora Granieri. Ma non è tutto: “Nel piano di contenimento di Roma Natura, costato almeno 300mila euro, non è prevista l’azione dei coltivatori e degli allevatori, che subiscono passivamente questo scempio”. Potrebbero essere loro ad abbatterli? “La Regione Lombardia gliene dà la possibilità”. Ma la Regione dice che la sindaca ha il potere di fare un’ordinanza per abbatterli se teme per l’incolumità dei cittadini. “Magari lo facesse”, è la risposta di Granieri. Organizzare battute di caccia al cinghiale dentro i confini capitolini, dunque? Un provvedimento del genere, ovviamente, scatenerebbe la rabbia degli animalisti. “È vero, ma sia noi che loro concordiamo nel fatto che sono troppi e che sono nemici della biodiversità”.

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