“Mi opporrò con tutte le energie che mi restano a leggi speciali contro i popoli nomadi”. Le parole della neo senatrice a vita Liliana Segre, nel suo primo discorso a Palazzo Madama, sono di un’attualità impressionante. La politica, soprattutto in Italia, ha ancora molto da imparare da questa “anziana signora”, come lei stessa si è definita, che porta sul braccio il numero infame di Auschwitz. Parole, quelle della Segre, che richiamano alla mente quelle scritte da Fausto Marinetti, uno dei più stretti collaboratori di don Zeno Saltini, fondatore della Comunità Nomadelfia dove Bergoglio si è recato recentemente.

Nel volume intitolato Caro Francesco (Tau), Marinetti scrive al Papa 20 messaggi ripercorrendo gli altrettanti anni vissuti in missione “nell’immenso ospedale da campo del nordest brasiliano”. Qui l’autore “ha toccato la carne di Cristo in popolazioni ridotte a scarti e rifiuti”. “Dì un po’: – scrive l’autore rivolgendosi a Bergoglio – è per caso che sei l’unico Papa figlio di migranti nel momento dell’esodo più epocale della storia? Ogni anno 250 milioni si mettono in marcia in fuga dalla fame e dalla guerra. Mi sembra di vederti marciare con loro. Perché sei della razza dell’ero Io in loro, in un popolo migrante, imprigionato, ricacciato in mare”.

La denuncia di Marinetti è abbastanza forte: “Ieri i cristiani venivano martirizzati dai pagani, oggi i cristiani martirizzano i migranti? Martiri in odium fidei i primi, in odium hominis i secondi. Che segno dei tempi è mai questo? Vengono a lacerare la placenta degli Stati nazionali per dirci che o nasciamo all’unica famiglia umana universale o l’umanità abortirà se stessa?”. Proprio incontrando la comunità di Nomadelfia, dopo aver pregato sulla tomba del suo fondatore, Francesco sottolineò che “di fronte alle sofferenze di bambini orfani o segnati dal disagio, don Zeno comprese che l’unico linguaggio che essi comprendevano era quello dell’amore. Pertanto, seppe individuare una peculiare forma di società dove non c’è spazio per l’isolamento o la solitudine, ma vige il principio della collaborazione tra diverse famiglie, dove i membri si riconoscono fratelli nella fede”.

Un esempio, quello di don Zeno, di grande importanza e attualità in un momento in cui, non solo in Italia, si affronta il problema delle migrazioni. Su questo tema le parole e ancor prima i gesti del Papa sono stati abbastanza eloquenti. Così come i richiami a “nonna Europa” dove, come lo stesso Bergoglio ha denunciato, sembra quasi che essere migrante sia un delitto.

Molto prezioso per orientarsi nel pontificato di Bergoglio, a poco più di 5 anni dalla sua elezione, è anche il volume Il Papa dell’allegria (Elledici) scritto da Juan Vicente Boo, vaticanista del quotidiano ABC. “Senza volerlo – scrive il giornalista – Francesco è diventato un punto di riferimento mondiale. Anche se non piace a tutti, o anche peggio, è il Papa più ‘mediatico’ della storia. Le sue parole e i suoi gesti fanno notizia sui quotidiani e sulle televisioni di tutti i continenti. Non era mai successo che persone di culture e religioni così diverse tra loro avessero tanta attenzione per un Papa”.

C’è chi potrebbe giustamente obiettare che, un po’ come succedeva con Karol Wojtyla, si ascolta però più il cantante che la canzone, o anche che Francesco è un Pontefice contestato, anche in modo pubblico e veemente, più dentro che fuori la Chiesa. “È un Papa indecifrabile e rivoluzionario, – scrive Boo – che è solito fare diverse mosse in avanti come uno scacchista, ma a volte scivola e cade, o sembra lasciarsi strumentalizzare da persone come Evo Morales. Pare non gli interessi troppo. Sia rialza e prosegue”. Per il vaticanista “l’obiettivo di Francesco è molto più ambizioso del semplice riformare la Curia o la Chiesa cattolica. Desidera migliorare la mentalità e il comportamento di ogni persona, cristiana, musulmana, buddista o non credente”. E il tema dei migranti è certamente al primo posto nell’agenda del pontificato.

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