Più intercettazioni, più anticorruzione, più penitenziari, più carcere duro per detenuti mafiosi. Potenziare il reato di voto di scambio e creare la figura dell’agente provocatore che vada a offrire soldi a pubblici ufficiali e politici. A Silvio Berlusconi non piace e non potrebbe essere altrimenti. Perché il capitolo dedicato alla giustizia del contratto di governo sottoscritto dalla Lega con il Movimento 5 stelle mette nero su bianco quelli che sono gli storici incubi del leader di Forza Italia. Certo in quel programma c’è anche altro. Ci sono per esempio il divieto di accesso ai riti premiali alternativi per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione e la riforma dell’abbreviato: norme che dovranno passare al vaglio di costituzionalità e che agitano fin da ora le camere penali. Ma che sono fino a questo momento state scritte solo a livello di principio: molto dipenderà da come saranno tradotte in legge.

Rischiano di scatenare polemica, poi, anche quelle leggi tanto care a Matteo Salvini come la difesa sempre legittima e l’inasprimento delle pene per scippatori e topi d’appartamento che forse faranno storcere il naso agli elettori pentastellati provenienti dalla cultura giuridica di sinistra. Ma d’altra parte il contratto di governo è scritto da due forze politiche che ancora oggi si considerano alternative. E infatti se da una parte il pentastellato Alfonso Bonafede sembra avere avuto mano libera a inserire nel programma una serie di proposte promesse dal M5s in campagna elettorale, dall’altra il leghista Nicola Molteni ha potuto includere quelle norme sulla sicurezza – legittima difesa su tutto – su cui Salvini fa campagna elettorale praticamente da sempre.

Le riforme che non piacciono a B – Ma ad infiammare il clima politico in queste ore è soprattutto la parte del programma dedicata ai crimini commessi dai cosiddetti colletti bianchi. “In alcuni punti sulla giustizia siamo nella direzione più giustizialista possibile: ci danno forti motivi di preoccupazione”, ha detto Berlusconi, esplicitando quello “spirito di Robespierre contenuto nel contratto” di cui parlava Giorgio Mulè, quando aveva annunciato l’opposizione – e non invece l’astensione benevola – a “un governo che trasuda giustizialismo e giansenismo“. D’altra parte come si può pensare che i parlamentari azzurri votino un programma costruito su queste parole: “È improrogabile una severa ed incisiva legislazione anticorruzione tale da consentire un rilevante recupero di risorse indebitamente sottratte allo Stato e, nel contempo, rilanciare la competitività del Paese, favorendo una reale concorrenza nel settore privato a vantaggio delle piccole e medie imprese”. Un concetto che – per quanto generale – agita i sonni dell’ex premier, ancora oggi imputato e indagato per corruzione in atti giudiziari nei vari filoni del Ruby Ter.

L’agente sotto copertura anti corrotti – La parte relativa alla corruzione, in effetti, è quella più dettagliata di tutto il programma. Quanto ci sia di realizzabile si vedrà soltanto in futuro. Di Maio e Salvini vogliono aumentare le “pene per tutti i reati contro la pubblica amministrazione di tipo corruttivo”, introdurre la “figura dell’agente sotto copertura” e quella dell’agente “provocatore in presenza di indizi di reità, per favorire l’emersione dei fenomeni corruttivi nella pubblica amministrazione”. Ma vogliono anche varare il Daspo per i corrotti e corruttori, cioè “l’interdizione dai pubblici uffici e la perpetua incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione per chi è stato condannato definitivamente”. E fin qui, niente da dire. Come già testimoniato da altri Paesi, l’utilizzo dell’agente provocatore ha un effetto quasi immediato nel contrasto alla corruzione. Anche l’interdizione perpetua per i corrotti è realizzabile visto che si tratta di una sanzione accessoria legata all’entità della pena: se il legislatore aumenta le condanne per un certo tipo di reato, parallelamente scattano anche le sanzioni accessorie più dure.

I dubbi sulla riforma dell’abbreviato – Qualche dubbio, però, suscita tra gli addetti ai lavori la preclusione per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione agli “sconti di pena mediante un sistema che vieti l’accesso a riti premiali alternativi“. In pratica si consentirebbe l’accesso ai riti speciali – abbreviato, immediato, direttissimo – soltanto a chi è indagato per alcuni tipi di reato. Il legislatore, ovviamente, può operare come meglio crede ma una modifica della procedura penale in questo senso presta il fianco ai ricorsi alla Consulta. Va nella stessa direzione un’altra proposta del programma gialloverde: “La revisione del rito abbreviato non consentendo l’applicazione dello stesso ai reati puniti con la pena dell’ergastolo ed ai più gravi delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale”. In pratica una riedizione di quanto proposto dal leghista Molteni. Nel novembre scorso la Camera aveva approvato il disegno di legge del deputato del Carroccio che vietava l’abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo. Sul tema, in passato, è già intervenuta la Cassazione a sezione Unite che con la sentenza numero 18821 del 2014 ha escluso l’applicabilità dell’ergastolo in seguito al giudizio abbreviato, legittimando il giudice a sostituirlo con 30 anni di reclusione. Tutto, però, è legato al modo in cui saranno messe nero su bianco le norme di riforma: al momento il programma di Lega e M5s enuncia soltanto principi che hanno più valore politico che procedurale. Per esempio manca al momento non è previsto alcuno sconto di pena o premio per quell’imputato che decida di collaborare con la magistratura.

Più potere all’Anac? Cantone: “Non serve” – C’è poi, nel contratto Lega – M5s il potenziamento dell’utilizzo delle “intercettazioni, soprattutto per i reati di corruzione”, rafforzamento delle “tutele per il  whistleblower” – cioè la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private da parte del dipendente che ne venga a conoscenza già previsto da legge approvata dal parlamento alla fine della scorsa legislatura e il “potenziamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”. Quest’ultimo punto non sembra essere necessario per chi l’Anac la guida attualmente, cioè Raffaele Cantone. “Ho letto che sul contratto del M5s e della Lega è previsto un ulteriore rafforzamento dell’Anac. Bene, sono nettamente convinto che non serva rafforzare i compiti dell’Autorità anticorruzione”, ha detto il numero uno dell’Authority.

Il conflitto d’interessi – Fumo negli occhi, per Berlusconi, anche il capitolo dedicato al conflitto d’interessi, già oggetto di specifica proposta di legge depositata dal pentastellato Riccardo Fraccaro durante l’ultima legislatura. Nel contratto si vuole allargare “l’ambito di applicazione della disciplina estendendo l’ipotesi di conflitto oltre il mero interesse economico“. La nuova legge si estenderebbe dunque anche a chi ricopre “incarichi non governativi“, quindi a chi “ha potere di influenzare decisioni politiche o che riguardano la cosa pubblica”, come “i sindaci delle grandi città o i dirigenti delle società partecipate“. Aglio per i vampiri, dal punto di vista del leader di Forza Italia, incarnazione massima di interessi in conflitto nell’ultimo quarto di secolo.

Mafia e sequestro di beni – Nell’ultima legislatura aveva fatto discutere la riforma del voto di scampio politico mafioso, che secondo molti pubblici ministeri rendeva più difficile la punibilità dei candidati che acquistavano voti dalle mafie. Adesso Lega e M5s vorrebbero “potenziare gli strumenti normativi e amministrativi volti al contrasto della criminalità organizzata, con particolare riferimento alle condotte caratterizzate dallo scambio politico mafioso”. Un altro elemento che ha sollevato numerose polemiche è quello legato alla confisca dei beni: per Di Maio e Salvini è “necessario inoltre implementare gli strumenti di aggressione ai patrimoni di provenienza illecita, attraverso una seria politica di sequestro e confisca dei beni e di gestione dei medesimi, finalizzata alla salvaguardia e alla tutela delle aziende e dei lavoratori prima dell’assegnazione nel periodo di amministrazione giudiziaria”. Non è chiaro in che modo le misure di prevenzione saranno implementate, ma dopo il caso Saguto, M5s e Lega hanno voluto inserire un passaggio sulle aziende che falliscono dopo essere finite in mano agli amministratori giudiziari. Il contratto prevede poi “nuove linee guida sul cd. 41-bis, così da ottenere un effettivo rigore nel funzionamento del regime del carcere duro”. In pratica quindi Di Maio e Salvini vogliono  potenzione il carcere duro per detenuti mafiosi: una proposta nettamente in controtendenza rispetto a quanto proposto negli ultimi anni di Parlamento.

Nuova prescrizione – Delicata – e generica –  è inoltre la parte dedicata alla prescrizione. Nel contratto si parla di “efficace riforma della prescrizione dei reati, parallelamente alle assunzioni nel comparto giustizia”, anche se poi è prevista la riforma dei “provvedimenti emanati nel corso della legislatura precedente tesi unicamente a conseguire effetti deflattivi in termini processuali e carcerari, a totale discapito della sicurezza della collettività”. Non è citata esplicitamente ma appare chiaro come le due forze politiche vogliano varare una nuova riforma del processo penale. E anche cancellare i decreti legislativi numero 7 e 8 del 2016 che hanno abrogato e depenalizzato alcuni reati, trasformati in illeciti amministrativi e civili: la calunnia, la guida senza patente,  l’inosservanza delle disposizioni antiriciclaggiol’aborto clandestinol’emissione di assegno da parte di istituto non autorizzato o con autorizzazione revocata, gli atti contrari alla pubblica decenza.

Stop a correnti nel Csm – Piace a una parte della magistratura, invece, la parte sul Csm che – nelle intenzioni di leghisti e pentastellati – “deve operare in maniera quanto più indipendente da influenze politiche di potere interne o esterne. Sarà pertanto opportuno operare una revisione del sistema di elezione, sia per quanto attiene i componenti laici che quelli togati, tale da rimuovere le attuali logiche spartitorie e correntizie in seno all’organo di autogoverno della magistratura”. “Le correnti in magistratura sono un meccanismo con cui si fa carriera. È inutile nascondersi dietro un dito. Il contratto Lega-M5s dice di superare il correntismo. Ma non c’è scritto come. Non riesco a identificare un meccanismo specifico e concreto”, è l’opinione di Cantone. Per la verità una possibilità per superare il correntismo l’aveva avanzata in passato Piercamillo Davigo: secondo l’ex presidente dell’Anm sarebbe bastato modificare il sistema elettorale del Csm per renderlo meno esposto agli scontri correntizi. Il programma disciplina poi in maniera definitiva l’annoso problema delle toghe in politica: “Il magistrato che vorrà intraprendere una carriera politica deve essere consapevole del fatto che, una volta eletto, non potrà tornare a vestire la toga”.

Le leggi che piacciono a Salvini –  E se i pentastellati hanno praticamente avuto carta bianca su una parte di programma, in cambio i leghisti hanno incassato le leggi che chiedono da anni a tutela della proprietà privata: la legittima difesa domiciliare, “eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento in particolare alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro”. E poi “l’inasprimento delle pene per la violenza sessuale”, la riduzione di “ogni eventuale margine di impunità per i colpevoli di reati particolarmente odiosi come il furto in abitazione, il furto aggravato, il furto con strappo, la rapina e la truffa agli anziani, modificandone le fattispecie ed innalzando le pene”. Insomma: pugno duro per i colletti bianchi, ma anche per scippatori di vecchiette e topi d’appartamento.

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