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Banche online, 5 arrestati per frode informatica: “Finte pec per ottenere le credenziali dei clienti e svuotare i conti”

Menti della banda Giuseppe Cesare Tricarico e il fratello Davide, entrambi ai domiciliari. Su richiesta dei pm il gip ha disposto il sequestro preventivo di 1,2 milioni di euro agli indagati. Tra i sistemi per rubare soldi alle vittime c'era anche quello di simulare l’esistenza di un addebito automatico a loro carico
Banche online, 5 arrestati per frode informatica: “Finte pec per ottenere le credenziali dei clienti e svuotare i conti”
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Era Giuseppe Cesare Tricarico, calabrese agli arresti domiciliari, la mente della banda di cyber criminali scoperta dai carabinieri di Messina che hanno arrestato 5 persone per truffa informatica ai danni dei correntisti di alcune banche online. Tra gli indagati anche il fratello Davide, pure lui ai domiciliari per un’inchiesta analoga della procura di Reggio Calabria. Su richiesta dei pm il gip ha disposto anche il sequestro preventivo di 1,2 milioni di euro trovati nei conti correnti degli indagati. Repubblica riporta che tra i truffati ci sono clienti di Banca Mediolanum, Banca Fineco, CheBanca!, Ing Bank, Iw Bank e Barclays Bank.

Secondo gli investigatori la banda – gli altri arrestati sono Nicola Ameduri, Nicodemo Porporino e Antonio Cancelli – riuscivano a modificare, sui siti internet istituzionali, gli indirizzi di posta elettronica certificata (p.e.c.) degli istituti di credito e li sostituivano con quelli di analoghe caselle di posta certificata con nomi simili alle originali, attivate su provider specializzati e intestate a soggetti ignari o inesistenti. Quando ricevevano la mail del cliente che credeva di contattare la propria banca per chiedere operazioni come chiusura o apertura di conti correnti, inducevano le vittime a fornire le credenziali di accesso e i codici operativi dei conti che utilizzavano per sottrarre somme di denaro. I soldi rubati venivano ‘ripuliti’ attraverso una sequenza di bonifici su una serie di conti correnti aperti fraudolentemente e, in taluni casi, intestati alle stesse vittime. Se le disponibilità sui conti erano scarse, azzeravano il saldo attraverso acquisti su siti di e-commerce, facendosi recapitare i beni a indirizzi di comodo nei comuni di residenza.

Fra i sistemi per rubare soldi alle vittime c’era anche quello di simulare l’esistenza di un Sdd a loro carico. Sdd è l’acronimo di Sepa Direct Debit, lo strumento per l’addebito automatico che si usa per esempio per pagare le bollette. In soli pochi mesi di indagine è stato documentato un giro di Sdd messi all’incasso, 124 in un solo giorno per un controvalore di quasi 200mila euro. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori Tricarico, sempre utilizzando le false identità, arruolava inconsapevoli collaboratori a cui affidava il compito di processare i mandati Sdd facendo loro credere di essere il responsabile di un’agenzia di recupero credito.

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