Scuola

Anche Invalsi ammette che il test non serve a nulla. Ma ormai i buoi sono scappati

Questa settimana 561mila 770 studenti della scuola primaria saranno sottoposti alle prove di italiano e matematica del test Invalsi. Sull’Invalsi abbiamo già detto e scritto tutti e di tutto ma quest’anno una novità importante c’è. E non di poco conto ma da rullo di tamburi. Ad alzare le mani, a rassegnarsi, ad ammettere che il sistema di valutazione adottato serve a poco o a nulla è lo stesso Invalsi.

Non ci crederete ma è così. L’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo e di istruzione per la prima volta sul suo sito ha spiegato le ragioni, la natura e l’uso delle prove in un documento sintetico, chiaro pensato per tutto il mondo della scuola e per le famiglie. Talmente chiaro da ammettere per la prima volta che la mission dell’Invalsi è fallita. Sentite un po’ che scrivono:

1. “In Italia nonostante i ragazzi passino tanto tempo in aula, la scuola non riesce ad attenuare le loro diseguaglianze di partenza. Quindici ragazzi su 100 abbandonano prima di aver conseguito il diploma di studio ma diventano 30 se calcoliamo la differenza tra iscritti al primo ciclo e diplomati alla maturità. La dispersione riguarda i figli dei genitori che hanno al massimo il diploma di terza media in misura quattro volte più alta rispetto ai figli di genitori laureati”. L’impietosa e oggettiva analisi continua con altri dati per poi aggiungere in pompa magna un paragrafo più sotto: “L’Invalsi è nata proprio per misurare gli esiti di apprendimento di alcune competenze chiave, quindi per verificare e stimolare il necessario rinnovamento della scuola italiana”. Peccato che l’Invalsi non sia nata nel 2018 o nel 2017 ma 11 anni fa. Ergo non è stato stimolato un bel niente o forse non è questo lo strumento per stimolare un rinnovamento.

2. In questo opuscolo scaricabile da ciascuno l’Invalsi sottolinea: “Le prove non possono misurare tutto. Ci sono competenze importanti – ad esempio quelle di comunicazione verbale e scritta, affettive e relazionali – che non sono valutabili con una prova standardizzata ma solo attraverso il contatto quotidiano che l’insegnante ha con i suoi allievi. Per questo le prove Invalsi non possono valutare globalmente uno studente né possono monitorarne e guidarne – come fa invece la valutazione degli insegnanti – il processo di apprendimento tenendo conto di tutte le variabili che inevitabilmente sfuggono alla valutazione standardizzata”. Dieci minuti di applausi al signor Invalsi. C’è poco da aggiungere se non prendere i fascicoli delle prove e buttarli nel cestino. Come può infatti un insegnante adeguarsi ad un’esigenza di mercato scolastico ovvero quella di una macchina che semplicemente produce dati parziali, limitati, deficitari? Un maestro e la scuola hanno il dovere di valutare (sarebbe meglio dire valorizzare) non un “istante” del bambino ma il suo percorso evolutivo.

3. Proviamo a capire almeno a cosa servono. Leggendo la spiegazione data dall’Invalsi restano molti interrogativi: “I risultati della valutazione esterna disegnano una mappa che serve a identificare con grande precisione le situazioni di difficoltà, dalla scala nazionale fino al singolo studente. Questi dati non aiutano però a capire perché quella situazione si sia creata né possono dire come è possibile risolvere quella situazione”. Sarebbe come dire che un medico sente che tossisci in continuazione, vede che hai i polmoni infiammati ma non va oltre. Non fa una diagnosi. Non ha una cura. Voi che fareste con un dottore così?

4. Infine parlando della certificazione individuale delle competenze che dal 2018 viene data a chi ha sostenuto le prove di terza media e dal 2019 agli studenti dell’ultimo anno delle superiori, l’Invalsi ci tiene a dire che non è una “seconda pagella” e poi aggiunge: “È importante che le famiglie non vengano colte di sorpresa da questa novità e siano informate per tempo dagli insegnanti. Una percezione sbagliata potrebbe infatti spingerle a chiedere un’esercitazione eccessiva e sterile su “fac simile” delle prove Invalsi”.

Peccato che in ogni scuola di ogni ordine e grado molti insegnanti per mesi addestrino i ragazzi proprio con quei “fac simile” che Invalsi boccia. Ci sono centinaia di sussidiari che sbandierano questi “fac simile” ma Invalsi finora ha chiuso un occhio anzi due. E ora ci parla di “esercitazione eccessiva e sterile”. È un po’ come chiudere la stalla quando sono scappati i buoi.