Era del tutto inaspettata la decisione di Virginia Raggi, prima cittadina di Roma, di mettere al bando i diesel dal centro della Capitale a partire dal 2024: secondo le stime dell’Aci, calcolate sui numeri ufficiali di fine 2016, il provvedimento “anti-gasolio” potrebbe interessare quasi 1,1 milioni di auto e 190 mila veicoli commerciali. Una previsione che, tuttavia, sembra fin troppo pessimistica: queste cifre sono infatti generate su un parco auto già esistente e non tengono conto delle tendenze di un mercato destinato a cambiare radicalmente negli anni a venire.

Infatti in Italia le vetture turbodiesel contano ancora per il 56% del venduto, ma in Europa non superano il 43,8% – in calo dell’8% sul 2016 – e si stima scenderanno al 31% del totale già nel 2021. Una flessione che dovrebbe investire anche il nostro Paese e, quindi, il totale delle automobili a gasolio “bandite” dal centro di caput mundi dal 2024. Questo senza contare che il provvedimento capitolino non entrerà in vigore prima di 6 anni: un tempo più che sufficiente per ogni automobilista per ammortizzare l’investimento fatto su una nuova auto a gasolio o per programmare l’acquisto o la permuta della vettura con un veicolo con differente alimentazione.

In tanti nelle ultime ore si sono lamentati dell’annuncio della Sindaca, sostenendo l’ecocompatibilità dei diesel Euro 6 di ultima generazione. Posizione non peregrina, anche se oggi questi ultimi costituiscono solo una piccola porzione del parco circolante: attualmente a Roma il 10,2% dei diesel sono ante omologazione Euro, il 2,8% sono Euro 1, il 10,6% Euro 2; categorie molto dannose per l’ambiente. Mentre il 32,6%, cioè circa 874 mila auto, sono Euro 4 (norma entrata in vigore a gennaio 2006): si tratta di automobili ormai di scarso valore economico che però costituiscono la spina dorsale per la mobilità di molte famiglie. Restano il 19,7% di modelli Euro 5 (immatricolati dopo gennaio 2011) e appena l’8,6% di Euro 6 (arrivate dopo il settembre 2015). Sono invece il 79,3% i veicoli commerciali ante Euro 5 in circolazione, dannosissimi per l’aria.

Certamente molte delle auto conteggiate saranno rottamate nei prossimi 6 anni e alcuni costruttori hanno già annunciato che non produrranno più modelli diesel in futuro, troppo costosi da adattare alle sempre più stringenti norme in tema di emissioni inquinanti. Ciò dovrebbe far crescere esponenzialmente il mercato delle alimentazioni alternative – motori ibridi, ibridi plug-in, elettrici, a metano o gpl – relegando a una sparuta minoranza gli automobilisti interdetti dal centro di Roma. Fermo restando che, molto probabilmente, sono destinate a moltiplicarsi le iniziative delle case automobilistiche per promuovere la vendita di modelli green, anche se solo gli incentivi statali potranno realmente fare la differenza.

La strategia per Roma è sincronizzata con i programmi del Movimento 5 Stelle per quanto concerne la mobilità: “Siamo in linea con le città europee. Ovviamente qui il tema è anche sviluppare il sistema delle auto elettriche”, ha detto Luigi Di Maio, candidato premier per M5S, ai microfoni di RTL. “Io credo che noi potremmo rilanciare il lavoro in “Italia, soprattutto in alcune regioni del sud dove sono stati smantellati degli stabilimenti dell’automotive con l’auto elettrica” ha continuato Di Maio. “Il nostro obiettivo è un milione di auto elettriche entro il 2020, dando incentivi a chi le compra ma soprattutto sviluppando un nuovo modello di mobilità con auto elettriche anche in car sharing e in car pooling. Questo ci permette anche di migliorare la qualità della vita, perché il diesel è altamente inquinante e fa piacere che anche Berlino stia andando in quella direzione”.

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