L’ex calciatore George Weah ha vinto le elezioni presidenziali in Liberia. Nello spoglio dei voti del ballottaggio, l’ex campione del Milan ha ottenuto il 61,5% dei voti, battendo così il rivale Joseph Boakai, attuale vicepresidente. Il primo turno delle presidenziali si era tenuto lo scorso 10 ottobre. Per il ballottaggio, invece, si è votato martedì 26 dicembre. Al primo turno il 51enne Weah era arrivato in testa ottenendo il 38,4% dei voti, mentre il 73enne Boakai si era fermato al 28,8%. L’avvicendamento con l’attuale presidente Johnson-Sirleaf è in programma per il 22 gennaio e sarà la prima transizione democratica fra due presidenti eletti nel Paese dal 1944. La leader uscente è stata la prima presidente donna del Paese e aveva sconfitto Weah nel ballottaggio per le presidenziali del 2005, dopo la sanguinosa guerra civile.

Attaccante di Monaco, Paris Saint-Germain e Milan negli anni ’90, unico Pallone d’oro africano, “King George”, come era soprannominato quando giocava in Serie A, è il venticinquesimo presidente della Liberia. Considerato dalla Fifa il miglior giocatore africano del XX secolo, dopo il prestigioso riconoscimento calcistico del 1995 ha chiuso questo capitolo della sua vita fatto di successi e milioni in tutta Europa per darsi alla politica. Nel 2002 si trasferisce in America dove si laurea in Gestione d’impresa alla DeVry University in Florida. Poi il ritorno in patria e l’inizio del grande sogno ormai prossimo ad essere coronato: la presidenza.

Un’impresa che non gli era riuscita nel 2005. In quell’anno la star del calcio denunciò il secondo turno delle presidenziali che portarono alla vittoria Jonhson-Sirleaf, definendole “fraudolente” e parlando di una votazione che “fu tutto meno che democratica, libera e trasparente”. Alla fine accettò il risultato dopo le ripetute richieste della comunità internazionale di evitare una nuova crisi in Liberia. Questo non gli impedì di proseguire la carriera politica: Weah si ripresentò alle elezioni del 2011 come numero due di Winston Tubman, nipote di William Tubman, il presidente più longevo del Paese, ma perse ancora una volta. Come ambasciatore Unicef ha viaggiato la Liberia intera con un pallone in mano per convincere gli ex bambini-soldato a reintegrarsi in società e ha conquistato il Paese.

Ad aiutarlo al ballottaggio, gli appoggi ricevuti: su tutti quello della ex first lady Jewel Taylor. Un’alleanza, quella con lady Taylor, che gli analisti hanno definito “cruciale” per la vittoria: lei è la moglie di Charles Taylor, l’ex presidente condannato a 50 anni di reclusione dalla Corte penale Internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità commessi durante la guerra civile degli anni Novanta.

Il nuovo presidente della Liberia dovrà fare i conti con l’eredità di Johnson-Sirleaf, fra l’altro vincitrice del Nobel per la Pace, sotto il cui mandato è stato ottenuto il ritiro della missione di pace dell’Onu dalla Liberia, che è stata attiva dal 2003 al 2016, come pure il ritiro di tutte le sanzioni che l’Onu aveva imposto al Paese per il conflitto. L’ex segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, elogiò gli “enormi progressi” che la Liberia aveva fatto sotto il governo di Johnson-Sirleaf, fra cui il “continuo miglioramento della sicurezza e della stabilità“. Dopo le devastanti guerre civili del 1989-1996 e del 1999-2003, la Liberia ha ripreso le esportazioni di cacao, caffè, ferro, oro e diamanti ed è riuscita a cancellare quasi 4 miliardi di dollari di debito estero. Ciononostante gli ultimi anni di mandato non sono stati i più prosperi: la crisi dell’Ebola del 2014, che ha ucciso quasi 5mila persone, ha colpito un’economia che non ha finito di recuperare, come dimostra il calo del Pil dell’1,6% registrato nel 2016.

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