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Hotel Rigopiano, il dirigente provinciale disse: “Il direttore non deve rompere i c…”. E spuntano pressioni politiche

Così diceva al telefono il dirigente provinciale Paolo D'Incecco, tra gli indagati dalla procura di Pescara per i 29 morti nell'albergo. Le carte dell'inchiesta mostrano anche l'approssimazione con la quale furono affrontate quelle ore. E tra le intercettazioni spuntano le "pressioni" che avrebbero esercitato il presidente di Provincia e Regione per riaprire alcune strade
Hotel Rigopiano, il dirigente provinciale disse: “Il direttore non deve rompere i c…”. E spuntano pressioni politiche
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“Quello dell’albergo non deve rompere i c… Digli che deve stare calmo”. Sono le 9.30 del 18 gennaio scorso. Il dirigente del servizio viabilità della provincia di Pescara, Paolo D’Incecco, risponde così al funzionario Mauro Di Blasio che gli aveva riferito delle richieste arrivate dal direttore dell’hotel Rigopiano, travolto poche ore più tardi da una valanga che provocherà 29 morti tra personale e ospiti.

D’Incecco, indagato dalla procura di Pescara per omicidio colposo, è in quelle ore intercettato per un’altra inchiesta su appalti della Regione Abruzzo e risponde in quel modo al funzionario, in un momento in cui non c’è stata ancora né la scossa di terremoto né la valanga. Eppure la situazione è già critica: ci sono decine di paesi isolati, strade da sgombrare, black out e malati da soccorrere. L’Abruzzo è in piena emergenza e dell’hotel Rigopiano isolato non sembra interessarsi nessuno. Nemmeno D’Incecco, che è anche referente provinciale della Protezione civile.

Dall’incercettazione e da altre conversazioni di quelle ore – pubblicate dal Messaggero – emerge come sia stata gestita la situazione in quei giorni: con grande improvvisazione, sostengono gli inquirenti. Innanzitutto a causa dell’impreparazione della Provincia, che nonostante numerosi mezzi guasti rifiuta il supporto da altri enti. In particolare, gli inquirenti ritengono che nonostante i bollettini meteo e le ordinanze firmate dal sindaco di Farindola, D’Incecco ed altri non “adottavano le condotte dovute”, almeno dal 15 gennaio, affinché si attivassero le procedure “del piano di reperibilità” prima e di “pre-allarme ed infine di allarme” né si adoperarono per una “doverosa ricognizione dei mezzi spazzaneve” che avrebbero permesso di constatare “l’inoperatività dell’autocarro sgombra neve”.

Ma quella non è l’unica telefonata finita agli atti dell’inchiesta. Perché il giorno precedente Di Blasio suggerisce a D’Incecco di chiedere aiuto all’Anas e il dirigente risponde: “E già, adesso mi faccio espropriare in casa mia”. Nelle stesse ore, intanto, si attiva per ripulire altre strade, a quanto pare sotto pressione da parte dei politici. In particolare, riporta il Messaggero, D’Incecco dice: “Il presidente chiede che venga aperta la strada per Abbateggio“, riferendosi al presidente della provincia Antonio Di Marco, sindaco di quel paesino. E sempre il dirigente provinciale parla di un “presidente” che “vuole la riapertura della strada per Passolanciano”. In questo caso il riferimento sarebbe al presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso.

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