di Angelo Mazzoleni

Ci sono moltissimi personaggi della politica italiana che farebbero carte false pur di entrare in Parlamento. C’è chi invece, per libera scelta, decide di lasciarlo ancor prima del termine dei due mandati, previsti dal non statuto del M5S. Credo stia anche in questo la differenza tra questa forza politica e la partitocrazia.

La scelta di Alessandro Di Battista di non candidarsi alle prossime elezioni potrà sembrare ad alcuni militanti del M5S un po’ egoista, ma credo vada comunque rispettata. Lascerà un grande vuoto, essendo indubbiamente una delle sue punte di diamante, un esempio, per tanti giovani, di come ancora si può fare politica, lottando per il bene del Paese, con onestà, impegno e passione autentica. Mi chiedo solo quali ripercussioni potrà avere, in termini elettorali, questa decisione anche se sono sicuro che Di Battista non farà mancare il suo contributo nella prossima campagna elettorale. Dopo le elezioni siciliane, perse per poco, quelle di Ostia, vinte nonostante tutte le campagne mediatiche anti-Raggi, con l’approvazione della legge elettorale anti-M5S, targata Pd-Pdl-Lega, il quadro confuso della politica italiana sembra essersi d’altra parte semplificato pur lasciando intravvedere un orizzonte incerto.

La sconfitta del Pd renziano, la sua lenta ma, stando ai sondaggi, inarrestabile disgregazione, la rinascita di Berlusconi, riportano in effetti l’Italia, nella prospettiva di un bipolarismo anomalo. Di nuovo, anche se ora in modo più chiaro, alle prossime elezioni politiche nazionali, gli elettori italiani dovranno infatti scegliere realisticamente tra due sole opzioni di governo:
– il solito inciucio Pd-Pdl, con Renzi, questa volta, nello scomodo ruolo di ruota di scorta della destra;
– un governo alternativo del M5S, con o senza un appoggio esterno al programma di altre forze politiche.

Con questa legge elettorale, nessuna coalizione politica avrà infatti la maggioranza per poter governare da sola. Sembrerebbe gioco facile per Renzi e Berlusconi ritrovarsi per rinverdire l’eterno patto del Nazareno. Eppure l’esito della partita non è, a mio parere, così scontata. Molto dipenderà da dove andrà a finire la maggior parte dei voti in uscita dal Pd e, soprattutto, da quanto il M5S riuscirà a recuperare, in termini di consensi, nel grande serbatoio congelato degli astenuti. Se Di Maio e, appunto, Di Battista, riusciranno a condurre una campagna elettorale efficace, con nuove metodologie di approccio, incentrata sui contenuti e, soprattutto, sulla dimostrazione della credibilità del M5S come forza di governo, i Pentastellati potrebbero non solo confermarsi come primo partito, ma aspirare a raggiungere quella percentuale di consensi necessaria per vincere e governare in autonomia.

Sarà dunque, per il M5S, fondamentale una battaglia per conquistare la fiducia dei rassegnati e degli astenuti attraverso una demistificazione dei luoghi comuni e le etichette spregiative sui “Grillini inaffidabili ed incapaci di governare” che gli avversari politici hanno diffuso in questi anni, ad essere decisiva. Parallelamente, risulterà importante la scelta e la presentazione, come annunciato, di una squadra credibile di governo e, in particolare, la comunicazione dei contenuti del programma alternativo, di breve, medio e lungo periodo, costruito dal basso in questi anni, col supporto di esperti in tutti i settori. Soprattutto, i rappresentanti del M5S dovranno convincere tanti cittadini della negatività di una sterile protesta attraverso un’astensione improduttiva. Se ci riusciranno, il miraggio di quel 40% potrebbe diventare realtà, smentendo tutti i pronostici ed i calcoli degli autori del Rosatellum.

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