L’Egitto tira ancora l’elastico già teso dei rapporti con l’Europa. Lo fa rispondendo alla nota con la quale cinque Paesi, tra cui l’Italia, hanno espresso preoccupazione per la detenzione dell’avvocato dei diritto umani Ibrahim Metwally che tra l’altro stava lavorando al caso Regeni, tratto in arresto il 13 settembre scorso all’aeroporto. Stava andando a Ginevra per un incontro sui diritti umani alle Nazioni Unite, per le autorità egiziane metteva in pericolo la “sicurezza nazionale”. Poche le notizie sulle condizioni detentive, così come sul rispetto delle garanzie al diritto alla difesa. Venerdì la lettera congiunta di Regno Unito, Germania, Olanda, Italia e Canada. A distanza di due giorni è arrivata la risposta, tutt’altro che distensiva mentre un ramo dell’inchiesta italiana si concentra sulla docente di Cambridge e tutor di Giulio. L’Egitto, si legge nella nota del ministero degli Esteri diffusa dall’agenzia Mena, ha espresso la sua “forte indignazione” per un gesto che “costituisce un’ingerenza evidente e inaccettabile negli affari interni egiziani”. E ha formalmente convocato gli ambasciatori dei cinque Paesi. Allo scopo, va da sé, di ribadire la richiesta di “rispetto dello stato di diritto e dei principi di separazione dei poteri”, si legge nel comunicato.

I colleghi dell’Egyptian Commission For Rights and Freedom, l’organizzazione che assiste i parenti di Regeni in Egitto di cui fa parte Metwally commentano con preoccupazione la reazione del governo Al Sisi, perché da tempo non hanno notizie dal carcere dell’avvocato che si trova nella struttura di massima segretezza Scorpion del carcere di Tora, a sud del Cairo. Neppure i familiari sarebbero riusciti a vederlo e al momento ci sono delle accuse formali ma non sono state trasmesse al competente tribunale e dunque non c’è una data di processo fissata, in violazione delle leggi egiziane sulla procedura penale. E l’impressione, dicono dal thinktank per i diritti umani, è che le autorità vogliano usare questa tattica come altre volte per sfiancare attivisti, critici ed oppositori politici. Quindi chiedono all’Italia “protezione”, ma con poche speranze di una presa di posizione forte. La Farnesina, contattata dal Fatto.it, sta valutando se e come rispondere a un testo che assume contorni quasi provocatori dopo la lunga scia di omissioni e polemiche intorno all’inchiesta sulla morte del ricercatore italiano. Anche perché il fatto stesso di aver riportato l’ambasciatore Cantini a Il Cairo ha prodotto un caso politico in patria, con il ministro Angelino Alfano costretto in aula a giustificare una scelta che sembra una con-cessione dettata da interessi economici, in luogo di una coerente linea di dissenso verso la scarsa collaborazione del governo a far luce su cause, circostanze e colpevoli dell’omicidio di Regeni. Accuse che ora l’Egitto ribalta sui paesi europei, tra i quali l’Italia.

Il vice ministro degli Esteri egiziano Ihab Nasr – riporta la Mena – ha infatti condannato le “notizie false” contenute nel comunicato congiunto chiedendo agli ambasciatori di spiegare qual è esattamente la situazione giuridica di Metwally a cui si riferisce la nota congiunta. L’avvocato, ha sottolineato il ministero degli Esteri egiziano, non è trattato come un detenuto ma è tenuto in custodia cautelare nell’ambito di un’inchiesta della quale si sta occupando la procura generale. Nasr ha insistito sull’importanza di “rispettare le procedure giudiziarie dell’Egitto e di non privare lo stato del diritto di portare dinanzi alla legge una persona colpita da diverse accuse”.

L’Egitto, inoltre, “respinge totalmente le allusioni contenute nel comunicato sulla situazione delle ong nel paese e su casi di tortura nelle carceri egiziane”. Ed esprime rammarico che un “comunicato del genere” sia stato diffuso da paesi che “chiedono il rispetto della sovranità delle legge e il principio della separazione dei poteri”. Infine, il vice ministro degli Esteri ha chiesto agli ambasciatori dei cinque paesi di non lasciarsi ingannare “da false notizie, di non proclamarsi più ‘tutori di altri stati e di smettere di interpretare le situazioni interne ad un paese in modo non obiettivo”. Il nome di Metwally è stato spesso associato all’assassinio di Giulio Regeni. L’avvocato è stato citato in passato come consulente legale della famiglia del ricercatore al Cairo. Di recente il legale di Metwally, Ezzat Ghoneim, ha precisato che il ruolo del suo assistito nel caso Regeni è stato “informale e indiretto” in quanto incaricato dal direttore dell’ong ‘Ecfr’ di seguire il dossier. Metwally “ha seguito il dossier ma non ha incontrato nè ha preso contatto con la famiglia Regeni”, ha aggiunto Ghoneim.

Ha collaborato Laura Cappon

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